Sabatini: «I calciatori non sono tennisti, ho comprato ubriaconi che giocavano in modo straordinario»
Alla Gazzetta: "mi pare molto limitativo dire che un calciatore si possa giudicare dal fatto che vada o meno in discoteca. Per me conta la lealtà, l'altruismo, l'onestà intellettuale"

AS Romaís sporting director Walter Sabatini follows the training session of the team from a terrace, on the eve of the UEFA Champions League football match AS Roma vs Manchester City on December 9, 2014 at the Trigoria training ground in the outskirts of Rome. AFP PHOTO / FILIPPO MONTEFORTE (Photo by FILIPPO MONTEFORTE / AFP)
“Ieri sera ho visto fare uno stop orientato a un calciatore che non è in Italia in questo momento e che non nominerò, ma appena l’ho osservato fare quel gesto tecnico ho pensato: se avessi avuto squadra in questo momento, l’avrei già comprato oggi, ammesso che sia in vendita. Queste sono cose che giudichi con l’istinto, con la storia che c’è dentro di te: nel mio passato ho avuto centinaia di giocatori, quindi, quando ne vedo uno, la mia psiche fa un lavoro automatico quasi di selezione naturale”. Walter Sabatini un po’ si è arreso ai dati che veicolano il lavoro degli scout, dice – intervistato dalla Gazzetta – che sono un ausilio, mentre per altri sono decisivi. Ma chi più di lui può raccontare l’istinto del direttore sportivo classico. Che deve avere “una certa sensibilità che hai o non hai, anche se non ritengo che la mia sia al di sopra di ogni sospetto. A quel punto intervengono i dati, che non rifiuto, ma che considero collaterali”.
“Io ho preso giocatori che erano ubriaconi, però hanno giocato un calcio straordinario, quindi mi pare veramente molto limitativo dire che un calciatore si possa giudicare dal fatto che vada o meno in discoteca. Per me conta il fatto che sia leale, che capisca il senso della collaborazione, dell’altruismo, dell’onestà intellettuale. Il calciatore non è un tennista, un Sinner, che fa i conti solo con sé stesso o al massimo con il suo staff, ma deve confrontarsi sempre con un gruppo di persone all’interno del quale non sono le regole che ne stabiliscono la forza o la debolezza, ma tutta una serie di piccoli comportamenti legati a principi come altruismo, lealtà e generosità. E questo non lo scopri domandando a un giocatore se va in discoteca o se mangia la pizza tutti i giorni, ma magari notando se, quando un compagno sbaglia un passaggio, gesticola e muove il braccio per mandarlo a quel paese o se rientra per surrogare la distrazione di un compagno o se fa 40 metri per raddoppiare la marcatura”.











