Le maglie di calcio diventate simboli politici: dalla Stella Rossa al St.Pauli, dalla Germania Est alla Lazio

L'analisi storico-politica di SoFoot: La maglie della Lazio più identitaria è quella con l'aquila. Quella del St.Pauli con la scritta "Kein Fussball den Faschisten" ("Niente calcio per i fascisti")

In teoria lo sport non dovrebbe essere politicizzato ma il calcio, con il suo peso storico e simbolico, sfugge da sempre a questa regola. Le maglie, soprattutto, diventano strumenti di appartenenza, memoria e presa di posizione. SoFoot propone un’analisi molto interessante del peso politico e storico delle maglie, cita anche la Lazio.

Il peso storico delle maglie calcistiche: l’analisi

Ecco l’elenco e la spiegazione di SoFoot:

“Come può il calcio, che sia incarnato in un club o in una nazionale, sfuggire al peso della sua storia e all’inevitabile processo di recupero o, più nobilmente, di appropriazione? La maglia può quindi, legittimamente o meno, servire a indicare, in modo più o meno sottile, il proprio posizionamento o le proprie convinzioni. Ecco alcuni esempi…

Stella Rossa

Un classico ormai in Francia, o almeno nella regione parigina, anche se questo a volte significa infastidire i tifosi più anziani e i veri fedeli del club. Non importa che il nome sia soprattutto il frutto dell’anglofilia della borghesia francese di fine Ottocento, di cui il suo fondatore Jules Rimet era un degno rappresentante. Inoltre, non importa quali siano i nomi degli sponsor sulla sua maglia verde o chi ora possieda davvero questa venerabile istituzione. La Stella Rossa conserva tutti i segni distintivi del club di “sinistra”: periferie operaie ed ex cinture rosse, un passato glorioso, eroi dell’antifascismo (cfr. Rino Della), e ora un kop che non coltiva alcuna ambiguità nei confronti del razzismo e dell’estrema destra… I tifosi potranno ancora divertirsi corredandolo con il nome di Xavier Pérez, portiere tra il 1976 e il 1987, e genero di Georges Marchais (ex politico del partito comunista francese, ndr).

Sankt Pauli

Il classico. Sankt Pauli, benedetto dalla sua identità sovversiva, dalle sue radici in un quartiere a luci rosse di Amburgo, dalla sua gloria passata in Bundesliga, da un’aura punk… La sua maglia è un must nella collezione dell’attivista di sinistra che vuole dimostrare di sapere qualcosa di calcio. Per chi ha curiosato un po’ su internet, preferite quella con la scritta “Kein Fussball den Faschisten” (“Niente calcio per i fascisti”) durante una partita nel 2016. Gli slogan sono sempre più forti nel linguaggio di Marx.

Germania dell’Est 

Tra le ex democrazie popolari scomparse dopo la caduta del muro di Berlino, la Ddr occupa un posto speciale, proprio come la Jugoslavia per altri motivi: non esiste più. E oltre alla sua dimensione da collezionista, la sua maglia ha tutte le attrattive del camouflage perfetto, mescolando una buona dose di nostalgia (“era meglio prima, anche una dittatura”) e un sapore unico di Mannschaft. Pochi la riconoscono al primo sguardo (l’acronimo Ddr e l’assenza di una stella o di una falce e martello), tranne forse qualche cinquantenne o più grande che ricorderà quanto questa squadra potesse rovinare le qualificazioni dei francesi (una sola vittoria in sei incontri).

Palestina

Dal momento che Gaza è diventata, sotto il fuoco israeliano, un inferno a cielo aperto, dopo i massacri di Hamas del 7 ottobre, la maglia della squadra di calcio palestinese, o di tutte le squadre palestinesi, rappresenta un potente segno esteriore di solidarietà. 

Spartak Fontgrande

Un piccolo club dilettantistico con sede nella città mineraria di Saint-Benoît-de-Carmaux, con “un approccio all’incrocio tra la storia operaia, la genealogia sociale e lo sport popolare nella città di Fontgrande.” (…) Una maglia autentica che richiamerà il gesto di François Ruffin che a fine mattinata era salito alla tribuna dell’Assemblea con la maglia verde dell’Olympique Eaucourt per mettere in guardia la difficile situazione del mondo dilettantistico.

Ss Lazio

Attenzione, argomento delicato. La Lazio gode di una cattiva reputazione, soprattutto a causa del presunto fascismo dei suoi ultras più radicali, gli Irriducibili (non sono però gli unici negli stadi italiani). Livio Maitan, il grande leader trotskista italiano degli anni ’70, ne fu un sostenitore incondizionato, al punto da lasciare le riunioni della Quarta Internazionale per andare a vedere le partite. Tuttavia, l’immagine della Lazio rimane fortemente legata alla nostalgia del regime di Mussolini, la sua aquila sopra il logo o un eventuale terzo tutto nero (come le maglie) contribuiscono a mantenere questa ambiguità.

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