Il figlio di George Best: «Papà era così amato perché era un ribelle, ma io ho sofferto moltissimo»

L'intervista del Telegraph a Calum Best: «Il calcio di allora è molto più duro, si spezzavano le gambe. Lui era magro e basso e ce l'aveva fatta»

George Best

1967 archivio Storico Image Sport / Manchester United / George Best / foto Aic/Image Sport

Oggi sono venti anni che è morto un immortale: George Best. “Sono volati”, dice al Telegraph il figlio, Calum Best. Il quale ha come ricordo più prezioso di tanto padre una semplice pedalata in tandem, negli Stati Uniti, senza che nessun paparazzo a perseguitarli. “Essere una star dello sport oggi è diverso – dice nell’intervista – Credo che fosse così amato all’epoca perché tutti erano più o meno rigorosi. Il calcio era più duro. Alcuni placcaggi erano da spezzare le gambe. Mio padre era basso. Era magro. Aveva i capelli lunghi. Aveva le basette. Era noto per la sua attrazione per le ragazze. Era noto per la sua ribellione. E tutti dicevano: cazzo, ci serve un po’ di ribellione. Mi piace il fatto che ti piaccia bere. Mi piace il fatto che ti piacciano le ragazze”.

Calum ha collaborato con la National Association for Children of Alcoholics (Nacoa), che si occupa dei bisogni dei figli colpiti dal consumo di alcol da parte di un genitore. La lunga battaglia di suo padre contro l’alcolismo rende complesso il modo in cui vede il lato oscuro di quella vita da star. “Ho sofferto molto quando ho perso mio padre. Non capivo bene la malattia. Non capivo cosa stessi affrontando. E in un certo senso mi ribellavo a tutte le mie battaglie interiori. Ero triste, arrabbiato, incazzato. Sono rimasto in quella situazione per molto tempo. E in quel periodo ho commesso molti errori personali. E, a dire il vero, ero anche sotto l’occhio vigile del pubblico. Ma quello che ho notato è che col passare del tempo, crescendo, ho iniziato a capire cos’era la malattia, di cosa si trattava. Cerco di aiutare altri ragazzi, e anche questo mi ha aiutato”.

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