Panatta sulla decisione di Sinner: «Non avrei mai rinunciato alla Coppa Davis»
Sul Corsera: «La Davis era al centro dei nostri programmi, le altre scelte ruotavano intorno a essa»

Db Milano 10/10/2023 - photocall trasmissione Rai TV ‘La Domenica Sportiva’ / foto Daniele Buffa/Image nella foto: Adriano Panatta
Stavolta si va senza il numero due del mondo. Niente Jannik Sinner in Coppa Davis. Toccherà a Matteo Berrettini, Simone Bolelli, Flavio Cobolli, Lorenzo Musetti e Andrea Vavassori giocarsi la Final 8 che si svolgerà dal 18 al 23 novembre sul veloce indoor di Bologna. L’ufficialità della decisione è stata comunicata dal capitano dell’Italia, Filippo Volandri: “Jannik Sinner non ha dato la sua disponibilità per il 2025”. Adriano Panatta sulla pagine del Corriere della Sera commenta il no di Jannik Sinner.
«Ci sono situazioni in cui mi sento un dinosauro parlante, e commentare la decisione di Jannik Sinner di non giocare la Final Eight di Coppa Davis è una di queste. Che posso farci? Dice: facci l’abitudine! Sì, ma non è facile. Ho giocato quando la vecchia Coppa era una delle priorità che si contavano sulle dita di una mano. Così ci insegnavano. Stava alla sensibilità di ognuno dei tennisti azzurri metterla al primo, secondo o terzo posto, ma la cinquina «delle cose da fare» ruotava intorno a Roma, Parigi, Wimbledon, la Davis, e forse, per ultimi, gli US Open. Degli Australian Open nessuno parlava, manco li seguivamo sui giornali. Io ci sono stato una volta, giovanissimo, Borg credo mai. Il tennis è cambiato, e non sempre l’ha fatto nei modi migliori. Questo non fa che aumentare il mio disagio…»
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Avrebbe senso giudicare gli avvenimenti di oggi, le persone, i loro comportamenti, con il metro di ieri?
«Io alla Davis non avrei mai rinunciato, e se qualcuno della squadra l’avesse fatto, sarebbero stati i compagni e il capitano, prima ancora della federazione, a chiedere spiegazioni nel modo più duro possibile. Ma non è mai successo. A me e a Paolo, a Corrado e Tonino, e prima di noi a Pietrangeli e a tutti gli altri, non sarebbe nemmeno passato per la mente. Ma la Davis era al centro dei nostri programmi, le altre scelte ruotavano intorno a essa. Oggi non è più così. Posso dire a Sinner che mi dispiace, che fossi stato in lui uno sforzo l’avrei fatto, che sarebbe stato utile anche per tirarsi fuori dalle polemiche che di sicuro prenderanno fuoco. Ma posso dargli torto quando viene a dirci che l’unica priorità è cominciare bene il 2026 e che una settimana di riposo o di lavoro, alla fine, fa la differenza? Il tennis odierno esige dai tennisti un atteggiamento di adesione completa, quasi di devozione. I giocatori sono i Ceo delle aziende che portano il loro nome. Sono come militari che devono preparare una missione»