«Quando Mourinho andò via dal Chelsea i giocatori impallidirono, si misero a piangere»
L'intervista del Telegraph a Peter Kenyon: "Potevamo prendere Ancelotti, lui fece due ore di ritardo e ci conquistò tutti. Ha cambiato dimensione al club, abbiamo vinto solo grazie a lui"

Roma's Portuguese head coach Jose Mourinho talks to a reporter as his team inspects the pitch of the National Arena in Tirana on May 24, 2022 on the eve of the UEFA Europa Conference League final football match between AS Roma and Feyenoord. (Photo by OZAN KOSE / AFP)
Al netto delle auto-definizioni (“sono il più grande allenatore della storia del Chelsea”, ha appena dettato da tecnico del Benfica) e della carriera successiva, per capire meglio chi fosse e quanto peso avesse José Mourinho quando non era ancora nemmeno “The Special One”, bisogna leggere l’intervista del Telegraph Peter Kenyon, l’amministratore delegato del Chelsea di Abramovich che lo portò a Londra e che dovette poi gestire il suo addio. E’ illuminante.
Comincia dall’incontro, il vertice in cui Mourinho convinse a colpi di carisma Abramovich che era lui quello giusto. Battendo la concorrenza di Carlo Ancelotti. Come? Facendoli aspettare per più di due ore.
“L’affare stava per non concludersi perché era in ritardo per un incontro con me, Roman ed Eugene Tenenbaum in un orribile ristorante appena oltre il confine con il Portogallo. Non ricordo il nome del ristorante, ricordo che era chiuso per l’evento ed eravamo in sei o sette. Tre o quattro da parte di Jose, più io, Roman ed Eugene. Avevamo cibo per circa 200 persone, era come un brutto matrimonio! José era ancora sotto contratto con il Porto. Continuavano a dirci che stava arrivando, quindi l’atmosfera era molto tesa. Abbiamo aspettato per circa due ore, cosa inaudita con Roman. Col passare del tempo, ci innervosivamo tutti. Ci chiedevamo ‘questo tipo fa sul serio?’. Il suo agente stava inventando scuse per giustificare il suo ritardo. Se avessero confessato il motivo del ritardo fin dall’inizio, sarebbe stato molto più facile, ma non dovrei entrare nei dettagli”.
Il Chelsea aveva ristretto la ricerca del successore di Claudio Ranieri a una rosa di tre candidati, tra cui c’era Ancelotti.
“Comunque – continua l’ex dirigente – alla fine si presenta ed è assolutamente affascinante e ruba la scena con i dettagli più fini su cosa farà se si unirà a noi. Continuava a riferirsi al Chelsea chiamandolo ‘noi’. L’ho notato subito: parlava dei giocatori come se fossero i suoi giocatori e si riferiva al club e alla squadra chiamandoli ‘noi’. Stava scegliendo la formazione con cui sarebbe sceso in campo il sabato dopo. Eravamo certi che avremmo trovato uno dei tre candidati, uno dei quali era Carlo. Ma José era molto diverso da quelli che avevamo visto e molto diverso dalle altre persone che avevo incontrato. Era esattamente ciò di cui avevamo bisogno”.
Molto bello anche il racconto dell’ascendente totale che Mourinho aveva sui suoi grandi giocatori. “L’Inghilterra era in ritiro e ho ottenuto un permesso speciale per i nostri giocatori della nazionale inglese per incontrare José. Quindi Lampard, Terry e Cole. Siamo andati al ritiro e lui ha trascorso circa mezz’ora con loro. Ho visto la scintilla, la luce accendersi e tutti sono cresciuti in quella mezz’ora in termini di fiducia in se stessi, di come avrebbe giocato contro di loro, di dove pensava che potessero migliorare. Credo che volessero solo uscire dal ritiro e iniziare a giocare per José al Chelsea il più presto possibile”
“Ha cambiato il modo in cui ci allenavamo nel calcio inglese. Era tutto basato sulla palla, nessuno correva per il campo”.
“Il Chelsea era un grande club fino all’arrivo di José. Non voglio mancare di rispetto, ma la nostra tifoseria era una tifoseria inglese molto tradizionale per l’epoca, tifosi davvero fantastici. Ma all’improvviso si è aperta e José ha attirato tifosi completamente diversi da tutto il mondo. Ha avuto un impatto da quella prospettiva, che nessuno aveva preso in considerazione”.
Il racconto dell’addio: tutto nasce da Abramovich che voleva imporre un gioco più spettacolare. “José giocherà sempre a modo suo. Puoi fare molte riunioni e lui ascolterà, si siederà e discuterà. Ma se dici ‘guarda, voglio che tu giochi in modo diverso’, non lo accetterà. È quello che ha iniziato ad accadere”.
Mourinho rompe e al suo posto mettono Avram Grant. Nello spogliatoio è uno shock. “È stata una delle conversazioni più difficili che abbia mai avuto. Dire ai giocatori che a) José se n’è andato e b) che Avram prenderà il comando. Non credo di aver mai visto così tante stelle del calcio impallidire tutte insieme. Erano senza parole. C’erano due persone in lacrime, persone che non penseresti mai capaci di piangere”.
“Ci ha scombussolato per un periodo. Non ci ha fermato perché la squadra ha continuato a giocare. Siamo arrivati in finale di Champions League e il merito è stato della squadra, non di Avram. Non voglio mancare di rispetto, ma sono onesto. Sono davvero fiducioso che se José fosse stato lì, avremmo vinto la finale di Champions League nel 2008“.
“Quando abbiamo preso José, il vero obiettivo era ‘vogliamo essere il miglior club d’Europa’. E vi dico subito che José è stato il motivo per cui il Chelsea ha vinto la Champions League, anche se non l’ha mai vinta con il club. Ha gettato le basi perché potessimo riuscirci. Ha gettato le basi per i successivi 20 anni. È stato importante per il successo del Chelsea tanto quando se n’è andato quanto quando era ancora al club. Ha guidato la cultura aziendale. Se non se ne fosse andato quella stagione, siamo arrivati in finale di Champions League, avremmo vinto la Champions League con lui. Non ho dubbi. Se Roman fosse uscito da quel ristorante quando José era in ritardo e avessimo nominato qualcun altro, non sono sicuro che la cultura aziendale si sarebbe consolidata e ci avremmo messo più tempo a vincere trofei rispetto a quanto abbiamo fatto con José. È stato il miglior investimento che il club abbia mai fatto”.
“Penso di aver lavorato con i due migliori allenatori, Sir Alex Ferguson e José. Molto diversi, ma erano i migliori. José ha continuato a fare cose davvero buone da quando se n’è andato. È ancora uno dei migliori, per me”.