La Serie A ha speso più di tutti (tranne la Premier): 1,2 miliardi. «Prezzi alti per garantire plusvalenze» (Repubblica)
I club hanno speso più di quanto ricavano in un anno dai diritti tv. Il prof Sottoriva: «La rincorsa al valore risponde più a esigenze di bilancio che a valutazioni tecniche»

Screenshot da Instagram Ssc Napoli.
La Serie A ha speso più di tutti (tranne la Premier): 1,2 miliardi. «prezzi alti per garantire plusvalenze» (Repubblica)
Se escludiamo il mondo a parte della Premier League, la Serie A è il campionato europeo di calcio che ha speso di più in questa sessione di calciomercato. Ne scrive il quotidiano la Repubblica:
Solo la Premier League ha speso più della serie A nella sessione di mercato chiusa lunedì. Gli investimenti dei 20 club italiani, dopo il calo nel biennio della pandemia, continuano a crescere: insieme, quest’estate, hanno speso 1,19 miliardi di euro. Eppure, in Italia sono arrivate stelle attempate — da Modric a De Bruyne, da Dzeko a Matic — o belle promesse, come Hojlund, Openda, David, Jashari, Nkunku. Non campioni fatti come Mbappé o Yamal.
La Serie A è seconda solo alla Premier che è l’Nba del calcio
A livello europeo è sempre più evidente come il campionato inglese sia una sorta di Superlega, l’Nba del pallone, con un giro di quattrini impensabile in altri tornei. I club della Premier hanno speso 3,56 miliardi di euro, più della somma di serie A, Bundesliga, Liga e Ligue 1.
Le squadre della serie A quest’estate hanno speso più di quanto ricavano in un anno dai diritti tv —900 milioni nella stagione 2024/25, dagli 82 dell’Inter ai 25,3 del Monza — facendo registrare un saldo negativo tra entrate e uscite per i cartellini dei giocatori: 1,19 miliardi investiti, 1,10 incassati, quindi 90 milioni di rosso.
«Nell’ultimo mercato — spiega Claudio Sottoriva, professore di Economia aziendale all’Università Cattolica, esperto in bilanci dei club — la spesa è stata significativa, nonostante i conti economici delle società siano spesso negativi. Si è creato un circolo inflattivo, in cui le quotazioni dei giocatori, anche non di primo livello, raggiungono valori molto elevati al fine di garantire ampie plusvalenze a chi vende. La rincorsa al valore risponde più a esigenze di bilancio che a valutazioni tecniche».