Giaccherini: «Conte mi ripeteva sempre che ero forte. Sarri era un integralista, giocavano solo i suoi»
Alla Gazzetta: «Rischiai la vita in una partita Allievi, giocai tutta la patita con la milza spappolata. I rigori con la Germania? Non so cosa sia passato per la testa di Pellé: tutti sbagliano, ma quel gesto a Neuer…»

Mg Bordeaux (Francia) 02/07/2016 - Euro 2016 / Germania-Italia / foto Matteo Gribaudi/Image Sport nella foto: Antonio Conte-Emanuele Giaccherini
L’ex calciatore Emanuele Giaccherini ha parlato in un’intervista alla Gazzetta dello Sport, dei suoi inizi nel calcio e della fiducia datagli dall’attuale tecnico del Napoli Antonio Conte.
Giaccherini: «Conte mi volle alla Juventus a tutti i costi, Sarri a Napoli era un integralista»
Tutto ebbe inizio così…
«Era il 2000, me lo ricordo bene perché c’era l’Europeo. All’epoca avevo 15 anni: scuola appena finita, giocavo negli Allievi del Bibbiena. Fui io a chiedere al mio “babbo”, operaio, di lavorare. Volevo capire come fosse la fabbrica. Risultato: non lo auguro a nessuno, massacrante. Quell’estate capii cos’è un lavoro vero. Allora mi dedicai allo studio e al calcio».
Poi diventò professionista, pur non avendo il physique du rôle del calciatore medio…
«Devo ringraziare la mia testa e la mia volontà. Fisicamente non ero calciatore, sul piano tecnico ero bravo ma soprattutto sopperivo al fisico con voglia, testa, corsa. Conte però mi ripeteva sempre che ero forte, se no alla Juve non sarei mai arrivato».
Il ricordo più bello su Conte?
«Juve-Parma, inaugurazione dello Stadium, il mio esordio in bianconero. Antonio mi voleva a tutti i costi nonostante la società non fosse molto propensa. Vincemmo 4-0 ma io non feci una buona partita: Conte mi notò a testa bassa nello spogliatoio, tornai a casa e trovai un suo messaggio: “Oggi era difficile, ma so che puoi darmi molto di più”. Mi tranquillizzò».
Fu così che da Giaccherini la trasformò in «Giaccherinho»?
«Indelebile, quella Nazionale di Euro 2016 resta nel cuore di tutti. C’era scetticismo, invece abbiamo vinto contro squadre più forti grazie al sacrificio e al ct, che ha costruito un’armata. Mi ha dato tantissimo, Antonio. Le lacrime di Barzagli sono state quelle di tutti gli italiani».
Lei giocava senza milza…
«Categoria Allievi, partita a Sesto Fiorentino. Passano 5’, involontariamente il portiere avversario si scontra con me e col gomito mi colpisce una costola che piegandosi mi fa esplodere la milza. Ma devo aspettare che finisca la partita, così tutto diventa più grave. Mi portano in ospedale, faccio una lastra e svengo. I medici notano del sangue nelle urine e capiscono l’emorragia interna, mi operano d’urgenza. Ho davvero rischiato la vita».
Contro la Germania, ai rigori, sembrava fatta…
«Purtroppo, arrivammo a calciare ad oltranza: noi segnavamo sempre, i tedeschi battevano dopo di noi, con la pressione dell’eliminazione in caso di errore, ma anche loro facevano sempre gol. Poi l’errore di Darmian. E non so cosa sia passato per la testa di Pellé: tutti sbagliano, ma quel gesto a Neuer…».
Dopo l’Europeo va al Napoli di Sarri: cosa non funzionò?
«Non mi è stato permesso di restituire alla città quanto avrei voluto. Tutto si conclude senza rancore, ma il dispiacere resta. Venivo dal punto più alto della mia carriera, scelsi Napoli per tornare in una big ma Maurizio era un integralista: giocavano solo i suoi e subentravano sempre gli stessi 2-3. Oggi è migliorato, però mi vedeva come vice-Callejon e io con lui c’entravo poco, così chiesi di andare via».