Jacobs: «Il corpo ogni tanto mi tradisce. Non è il cronometro che ti definisce ma il modo in cui ti rialzi»
Al Messaggero a un mese dai Mondiali: «So che posso correre più veloce di quanto abbia mai fatto. Negli Usa mi manca il cibo di casa, sto pensando di aprire un ristorante italiano»

Parigi (Francia) 04/08/2024 - Olimpiadi Parigi 2024 / atletica / foto Image Sport nella foto: Marcell Jacobs
Jacobs: «Il corpo ogni tanto mi tradisce. So che posso correre più veloce di quanto abbia mai fatto»
Il 13 settembre a Tokyo si svolgeranno i Mondiali di atletica leggera. A Tokyo nel 2021 Jacobs ha vinto la storica medaglia d’oro sui 100 metri. Da allora, praticamente quasi solo infortuni e delusioni. Anche quest’anno, una stagione praticamente mai partita. Adesso la rinuncia a due gare a Losanna e Bruxelles. Il Messaggero, con Piero Mei, lo ha intervistato.
Un anno mondiale: da Tokyo a Tokyo. Marcell Jacobs, solo un ricordo o sarà un remake?
«Tokyo non sarà mai solo un ricordo. È stata la svolta della mia vita, la realizzazione del sogno che portavo dentro da bambino. Ma non vivo di nostalgia: la mia testa è rivolta ai prossimi traguardi. L’obiettivo resta quello che mi ha fatto vincere i due ori olimpici: migliorarmi, correre più forte. Superare me stesso. Il cerchio non è chiuso, ho ancora fame».
Però ha cancellato la Diamond League di Losanna e Bruxelles. Dubbi di non tornare il Marcell di quei giorni e non partecipare ai Mondiali?
«I dubbi ci sono sempre stati, anche quando infortuni e cadute mi hanno convinto a cambiare specialità: poi è andata com’è andata. Quando ho vinto a Tokyo, il salto più grande è stato interiore: liberarmi dall’ansia, dalle paure, dal bisogno di piacere agli altri. Mai smesso di lavorare su questo. Oggi la testa c’è, mentre il corpo ogni tanto mi tradisce e questo avvicinamento ai Mondiali è travagliato. Nessuna novità. L’importante è non mollare mai. Mi alleno ogni giorno».
Vive alla giornata o con un crono in testa?
«Entrambe le cose. Vivo il presente perché l’atletica ti insegna che devi mantenere uno stato perfetto e puoi cadere in un attimo. Ma dentro ho un numero che mi accompagna sempre. So che posso correre più veloce di quanto abbia mai fatto. Il crono non è un’ossessione, è una motivazione».
La costruzione del puzzle Jacobs è ancora in corso? Ha mai pensato di rinunciare?
«Il puzzle non è mai finito. Ogni giorno aggiungo un pezzo. Ho avuto momenti bui, come tutti, ma non ho mai pensato di rinunciare. Se gettassi la spugna, tradirei me stesso».
Gli americani della Juve, Weah e McKennie, hanno detto che in Italia si mangia male, solo pizza e pasta. È d’accordo?
«Sono gli unici a dirlo. L’Italia è terra d’eccellenza anche a tavola: pizza e pasta sono capolavori, ma c’è molto di più. A Jacksonville, il cibo di casa mi manca al punto che sto pensando di aprire un ristorante italiano».
Cosa direbbe oggi a un ragazzo che inizia a correre?
«Gli direi: non avere fretta. La velocità si costruisce piano. Ogni caduta è un trampolino, non un fallimento. Non è il cronometro che ti definisce, ma il modo in cui ti rialzi. Il vero traguardo è non smettere mai di sognare. Gli direi: punta a quell’unico momento in cui una persona sa per sempre chi è».