Decreto Sport, pene più dure per chi aggredisce gli arbitri (Calcio e Finanza)
Il nuovo decreto introduce pene da 4 a 10 anni per chi provoca lesioni gravi a un arbitro, fino a 16 anni per quelle gravissime. Secondo l'analisi di Calcio e Finanza si tratta di una stretta che solleva interrogativi sulla sua reale efficacia.

Db Torino 19/01/2023 - Coppa Italia / Juventus-Monza / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: cartellino giallo
Negli ultimi anni, il tema delle lesioni subite dagli arbitri è diventato una questione sempre più urgente nel dibattito pubblico. In questo contesto si inserisce l’ultima iniziativa del governo, contenuta nel cosiddetto “Decreto Sport”. Si tratta di un intervento normativo destinato a far discutere, come si evince dalle analisi di Calcio e Finanza, nell’articolo a cura dell’avvocato Nicolò Laitempergher e Armando Simbari.
Il decreto:
Come scrivono su Calcio e Finanza: «Il Decreto-legge n. 96 del 30 giugno 2025 (che dovrà essere convertito in legge entro 60 giorni), definito “Decreto Sport”, oltre a prevedere una serie di norme finalizzate a supportare logisticamente ed economicamente alcuni grandi eventi sportivi, ha modificato anche il Codice penale, intervenendo in particolare sull’art. 583-quater c.p.[1] Dal 1° luglio 2025, quindi, viene previsto un sensibile inasprimento della pena prevista per il reato di lesioni agli arbitri “in occasione delle manifestazioni sportive”. La modifica normativa ha infatti aggiunto un ulteriore comma (il terzo), che estende anche ai direttori di gara l’inasprimento delle sanzioni già previsto in caso di lesioni cagionate a un ufficiale, agente di polizia giudiziaria o a soggetti esercenti la professione sanitaria».
L’aumento della pena:
La testata prosegue: «A seguito di questo intervento, in caso di lesioni cd. gravi arrecate ad un arbitro, la nuova cornice edittale va da quattro a dieci anni di reclusione, mentre in caso di lesioni cd. gravissime la sanzione prevista va da otto a sedici anni di reclusione. Si tratta di un significativo aggravio di pena, pari infatti a circa un terzo della fattispecie ordinaria di lesioni. Questa scelta legislativa si inserisce in un più ampio filone di misure normative dalle finalità marcatamente general-preventive adottate nei mesi scorsi dal Governo (attraverso lo strumento legislativo del decreto-legge). Insomma, le condotte violente che riguardano arbitri e direttori di gara sono ritenute meritevoli di una specifica tutela e considerate di un disvalore sociale tale da necessitare un’autonoma fattispecie di reato a tutela del bene giuridico».
La necessità di un approccio preventivo:
Concludono l’articolo con una riflessione: «Ci si deve però interrogare se la scelta di ricorrere alla repressione penalistica di siffatti comportamenti sia davvero giustificata da effettive esigenze di tutela e di deterrenza o piuttosto rappresenti una reazione politica e demagogica a fenomeni sociali che oramai sono – purtroppo – piuttosto diffusi ma che forse meriterebbero, più che una risposta sanzionatoria, un approccio preventivo che porti ad un cambiamento culturale. Rimane inoltre qualche dubbio sulla proporzionalità di una pena che, in caso di lesioni gravissime, può arrivare fino a sedici anni di reclusione: una sanzione che si avvicina a quella prevista per fattispecie ben più gravi come, ad esempio, l’omicidio preterintenzionale, punito con la reclusione da dieci a diciotto anni, mettendo così in discussione il principio di proporzionalità della pena rispetto alla gravità del fatto».