Muhammad Alì scelse la boxe perché glielo suggerì un poliziotto dopo che gli rubarono la bici
Cass Sunstein, consulente per Obama e Biden, ha scritto un libro "Come diventare famo si. La scienza segreta del successo" in cui spiega che per fare il botto come Muhammad Alì e i Beatles, il talento è necessario, ma non è sufficiente

Le champion du monde de boxe des poids lourds amÈricain George Foreman (G) et son compatriote Mohamed Ali (Cassius Clay) (D) combattent ‡ Kinshasa, le 30 octobre 1974, lors du match ‡ l'issu duquel Mohamed Ali, reprenant l'offensive, regagnera son titre de champion du monde. A picture taken September 30 1974 in Kinshasa of the fight opposing former world heavyweight boxing champion the American Muhammad Ali (R) and his compatriot and titleholder George Foreman (L). Ali won and got back his title. (Photo by AFP)
Il Venerdì di Repubblica pubblica un’interessante chiacchierata con Cass Sunstein, fondatore del programma di economia comportamentale alla Harvard Law School, consulente per Obama e Biden e già coautore, con il Nobel Richard Thaler, del saggio Nudge. Sustein ha scritto un libro “Come diventare famo si. La scienza segreta del successo” (Raffaello Cortina editore) in cui spiega che «sopravvalutiamo di molto il rapporto tra il talento e il successo. Per fare il botto il talento è necessario, sia chiaro, ma non è sufficiente: ci sono molti altri fattori di cui tenere conto»
Professor Sunstein, partiamo dai Beatles: perché le loro canzoni non bastano a spiegarne la fama planetaria? «Al di là della loro creatività indiscussa, i Beatles ebbero diversi colpi di fortuna. Ad esempio accettare come loro manager il vulcanico Brian Epstein, proprietario di un negozio di dischi senza esperienza nell’industria musicale ma cocciuto e geniale, che si offrì a loro dopo averli sentiti in un famoso club a Liverpool; e poi l’incontro fatidico di Epstein con George Martin, che sarà il loro produttore e pubblicherà – quando nessun’altra casa discografica tampinata da Epstein mostrava interesse per la band – il primo singolo Love me do. All’inizio nessuno prendeva sul serio i Beatles, anche per il buffo nome del gruppo. Epstein mise in atto tutta una serie di strategie promozionali più o meno ortodosse: c’è chi dice che acquistò lui stesso 10 mila copie del disco per farlo entrare in classifica. Riuscì a farli esibire in una trasmissione che andò in onda durante quella che in Inghilterra fu la nevicata più intensa del secolo, con quasi tutta la popolazione chiusa in casa davanti alla tv…».
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Insomma tendiamo a sottovalutare il peso del caso?
«Un esempio eclatante è quello di Muhammad Alì: da ragazzo gli rubarono la bicicletta, e un poliziotto a cui parlò del furto – dicendogli di voler dare una lezioncina al ladro – gli rispose: «Se proprio vuoi farlo, prima prendi qualche lezione di boxe». Il resto è Storia. Solo pochi, tra i grandi, si rendono conto del peso delle circostanze. Il Presidente Obama un giorno mi disse: “I Ceo pensano che io li odi. Non è così: è solo che so che, per quanto straordinari, sono stati fortunati. È anche il mio caso: spero di fare un buon lavoro, ma ho avuto un sacco di fortuna”. Era conscio di essersi candidato in un momento in cui l’America voleva un presidente nero».