Ancelotti: «Mi hanno soprannominato Carlinho e mi piace»

Il tecnico italiano all'inizio della sua esperienza sulla panchina del Brasile: «Dovrò studiare il portoghese come ho dovuto studiare il francese, l'inglese, lo spagnolo»

Ancelotti Capello Bisevac

Real Madrid's Italian coach Carlo Ancelotti looks on ahead the UEFA Champions League semi-final first leg football match between FC Bayern Munich and Real Madrid CF on April 30, 2024 in Munich, southern Germany. (Photo by Kirill KUDRYAVTSEV / AFP)

Carlo Ancelotti, l’unico allenatore ad aver vinto il titolo nei cinque principali campionati europei (Italia, Inghilterra, Francia, Germania e Spagna) e il solo ad aver alzato per cinque volte la Champions League, racconta la sua esaltante carriera in una lunga intervista rilasciata a Vivo Azzurro Tv: «Mi hanno soprannominato Carlinho e mi piace. Adesso inizia un’altra avventura, è una responsabilità grande, ma anche una grande felicità avere l’opportunità di allenare la nazionale brasiliana. Sono stato accolto con molto affetto, spero di preparare bene la squadra e fare in modo che sia competitiva al prossimo Mondiale».

Imparare una nuova lingua non sarà un problema: «Dovrò studiare il portoghese come ho dovuto studiare il francese, l’inglese, lo spagnolo: mi aiuterà il fatto che il portoghese ha la stessa grammatica».

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Ancelotti racconta di Arrigo Sacchi: «È stato un innovatore, ha portato qualcosa di nuovo nel calcio a livello tattico e di metodologia. Ho lavorato tanti anni con lui da giocatore e allenatore, è stato per me un maestro molto importante».

Sulla gestione del gruppo «Non l’ho studiato, sono fatto così e cerco di trasmettere la mia identità e il mio carattere nella relazione con gli altri. Il carattere si forma con i maestri che hai avuto nell’infanzia: tuo papà, gli insegnanti a scuola e gli allenatori. La convivenza tra i grandi campioni dipende dall’intelligenza individuale di ciascuno di loro. Solitamente il grande campione è serio, professionale e lavora bene. La gestione non è così complicataIl rapporto con i giovani oggi è più complicato rispetto al passato. Per i calciatori è cambiato lo status: oggi un giovane ha molte più responsabilità addosso rispetto a quella che avevo io quando ero calciatore. Ora dietro ha tanta gente: c’è il procuratore, ci sono i genitori, i fratelli e le sorelle. La responsabilità è veramente molto alta».

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