A La Stampa: «È diventato più flessibile, più aperto a certe situazioni. La terra è la superficie dove ha meno sicurezze»

Simone Vagnozzi, coach di Sinner insieme con Darren Cahill, ha rilasciato alcune dichiarazioni a La Stampa a proposito del ritorno in campo del numero uno del ranking dopo la sospensione decisa con la Wada. Oggi l’esordio di Jannik agli Internazionali di Roma.
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Vagnozzi: «Abbiamo comunque lavorato con Sinner per fargli scoprire che c’è una vita oltre il tennis»
Vagnozzi, che Jannik dobbiamo aspettarci?
«Sono rimasto un po’ sorpreso nel sentire da gente del settore che la pausa è stata un vantaggio. Mai visto nessuno prendere tre mesi di pausa per scelta. Negli ultimi 5 mesi abbiamo fatto solo due tornei: non è un vantaggio. Le prime partite saranno fondamentali. Proveremo a farne più possibile per arrivare al meglio al Roland Garros».
Ci racconta questi tre mesi?
«Il primo è stato più rilassato, per recuperare le energie. Poi abbiamo iniziato a fare match di allenamento, che però non sostituiscono un torneo. Sicuramente qui a Roma ha fatto bene a Jannik allenarsi davanti al pubblico per ritrovare certe sensazioni».
C’è il rischio che fatichi a rimettersi dentro la «bolla»?
«Penso di no. Negli ultimi due anni abbiamo comunque lavorato per fargli scoprire che c’è una vita oltre il tennis. È diventato più flessibile, più aperto a certe situazioni».
Jannik ha confessato che in Australia si è sentito guardato «male» negli spogliatoi. È successo anche a lei e Cahill?
«La sensazione c’era, poi non so se la sentivamo solo noi o ce la trasmettevano gli altri. Inevitabile avere addosso gli occhi di tutti».
Jannik ha vinto solo un titolo in carriera sulla terra. È la superficie più difficile per lui?
«È la superficie dove ha meno sicurezze. Ma l’anno scorso ha fatto una buona stagione sulla terra, tra semifinale a Monte-Carlo e semifinale a Parigi, quarti a Madrid che non ha potuto giocare. La preparazione certo non è stata quella che avremmo voluto: ma come sempre abbiamo saputo adattarci».