Il Napoli si è contizzato ogni di più, capace di resistere nella sofferenza (Gazzetta)

Il centro del potere è stato la difesa. La cavalcata di Conte non è stata trionfale come quella di Spalletti. Imparagonabile la qualità del gioco.

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Dc Napoli 27/04/2025 - campionato di calcio serie A / Napoli-Torino / foto Domenico Cippitelli/Image Sport nella foto: Antonio Conte-Giovanni Di Lorenzo-Matteo Politano

Il Napoli si è contizzato ogni di più, capace di resistere nella sofferenza (Gazzetta)

La Gazzetta dello Sport, con Luigi Garlando, analizza il Napoli di Conte:

Il verdetto di una corsa a 38 tappe è sempre onesto, perché sulla lunga distanza s’impone la verità. Il Napoli è a un passo dal traguardo perché dall’amma faticà estivo in poi si è contizzato, ogni giorno sempre di più, diventando un monolito indistruttibile, capace di resistere nella sofferenza e di imporsi con il sudore. Partiti Osimhen e Kvaratskhelia, infortunato a lungo Neres, Conte ha capito che il centro del potere andava spostato in difesa, che ha trovato in Buongiorno la nuova colonna portante. Il reparto, l’unico del campionato rimasto sotto i 30 gol subiti, è stato il trampolino del sogno.

La cavalcata di Conte non è stata trionfale come quella di Spalletti. Imparagonabile la qualità del gioco. Anche l’ultima trasferta di Parma ha confermato la grande difficoltà del Napoli in costruzione. Ma saper acquistare il massimo al minor prezzo è una grande virtù.  

C’è anche una Napoli che non si è mai lamentata di Conte, degli 1-0 e dell’assenza del gioco da Playstation (il Napolista)

Certo, sappiamo la solita storia che a Napoli ci sono problemi più grandi e urgenti di una partita di calcio. Nel 1990 ci fu l’apice di un certo sdegno o paternalismo sulla “Napoli campione che si distrae dai problemi”. Addirittura Berlusconi, all’epoca presidente del Milan, paventò un “riscatto” rosicando per la sconfitta alla penultima giornata e la perdita di un tricolore che i rossoneri avevano in pugno.

C’è da dire che questa narrativa si affaccia in tono minore, il classico moralismo dell’ultima ora su una città che non è quella di 35 anni fa e non lo è nemmeno la tifoseria. Al netto della “napulitaneria” c’è la stragrande maggioranza di tifosi che vivono una passione senza mediazioni e in modo viscerale, sicuramente irrazionale. Dal professore universitario al garzone di bottega, i pensieri sono gli stessi in questi giorni che precedono Napoli-Cagliari. Ansia, attesa, gesti raccontano di un sentimento collettivo capace di unire e andare oltre il luogo comune.

In questi giorni la quasi assenza di vessilli, bandiere e striscioni azzurri in città – salvo qualche rara eccezione – racconta come il re dei passionali come Antonio Conte sia stato seguito come fanno i soldati con il loro generale. I napoletani senza “napulitaneria” stanno mostrando una maturità – anche maggiore rispetto a quella di due anni fa – unita a questa passione ingestibile e ingovernabile dai dettami della razionalità.

Sì Napoli non è abituata a vincere, è vero. Però quando vede il traguardo proprio lì a portata di mano ha bisogno di questa nemesi collettiva che racchiude i sogni di un’infanzia, biologica e storica. Allora va bene così, guardare che mancano le ore a questa sfida o scegliersi la piazza dove stare senza quel biglietto del Maradona polverizzato in pochi minuti. Ne ha diritto chi il 18 agosto dopo Verona non ha insultato Conte e una squadra che non era ancora formata, chi non ha passato questi mesi a lamentarsi degli 1-0 o della mancanza del gioco da playstation.

Venerdì sera la passione collettiva e irrazionale deve stare negli occhi di chi ama il calcio per quello che è e a Napoli è anche qualcosa in più, come raccontano muri e altari dipinti di azzurri. Grazie a Conte e questa squadra per questi dieci mesi di orgoglio e calcio, vale la pena dirlo prima di venerdì: “andiamoci a prendere lo scudetto”.

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