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Aguirre il ct messicano glorifica la violenza: prende una lattina in testa e dice “non è niente, è il calcio”

El Paìs: basta con la retorica del macho che non si lamenta se gli spaccano la testa: “incoraggia la gente a farlo, visto che le vittime la prendono così bene”

Aguirre il ct messicano glorifica la violenza: prende una lattina in testa e dice “non è niente, è il calcio”
Mexico's coach, Javier Aguirre (R), is helped by an assistant after being injured in the head when he was hit by an object thrown from the bleachers at the end of the National League of Concacaf quarterfinal first leg match between Honduras and Mexico at the Francisco Morazan stadium in San Pedro Sula, Honduras, on November 15, 2024. Jhony MAGALLANES / AFP

Javier Aguirre è diventato virale suo malgrado in questi giorni perché dopo che il suo Messico ha perso in Honduras 2-0 (andata dei quarti di finale della Concacaf Nations League) gli hanno spaccato la testa con una lattina di birra lanciata dagli spalti. Non si è buttato a terra, non ha fatto scene. E’ uscito dal campo sanguinante. E poi è andato in conferenza stampa e ha detto: “È il calcio, non è successo nulla”.

Ovviamente, fa notare Manuel Jabois sul Paìs, “centinaia di persone sui social network lo hanno elevato alla santità. Questo, hanno detto, è il modo in cui si reagisce all’aggressività. Senza teatro, senza buttarsi a terra, senza esagerare, senza dargli importanza. Che forza d’animo! Che dignità! Lui, con il sangue che gli cola sul viso (incoscienza per il resto, d’altronde) e altri, che si commuovono, cominciano a rotolarsi per terra per due mesi. Il calcio, come dirà più tardi Aguirre, minimizzando l’importanza dell’aggressività”.

E però, ribatte l’editorialista, “No, non è il calcio. Dire questo significa amare poco il calcio. Dire che è calcio è glorificare la violenza. Nemmeno la violenza che a volte esiste sul campo di gioco tra calciatori con calci o testate; violenza estrema: lanciarti una lattina in testa e farti riempire il viso di sangue. Ci sarà chi rimane ferito e colpito, e cade a terra nell’impatto, e ci sarà chi pensa che sia un graffio e rimane impassibile, cosa che dà sempre maggiore significato e di solito ottiene gli applausi del pubblico”.

Per Jabois è “irresponsabile sminuirne la gravità, inglobarla nelle cose del calcio e continuare come se nulla fosse”. Si arriverà al giorno in cui ti beccherai “un pezzo di vetro nell’occhio e andrai a tastare i muri in sala stampa dicendo che non è successo niente, che questo è calcio”.

Normalmente, continua, scatta anche l’elogio dell’uomo “così uomo” che non si lamenta. E impone una riflessione ulteriore: chi fa così “incoraggia inconsciamente coloro che sugli spalti credono che lanciare lattine in testa ai giocatori non sia un grosso problema se le vittime la prendono così bene, con tanta sportività”.

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