I club potrebbero trasformarsi in società per azioni, una dichiarazione di guerra alla superiorità europea e ai giochi di potere della politica argentina

“Il principio del socialismo è la restrizione, il principio del capitalismo è la libertà. Ma l’invidioso antepone l’uguaglianza alla libertà. E i liberali davano priorità alla libertà rispetto all’uguaglianza”, scrive La Faz, raccontando dell’ultima rivoluzione di Javier Milei, l’ultraliberista populista : vuole “privatizzare il calcio argentino” in pratica dichiarando guerra ad un sistema stratificato di interessi che ha resto il calcio sudamericano le “giovanili” di quello europeo.
Su base volontaria – scrive il giornale tedesco – i club che lo desiderassero potrebbero trasformarsi in società per azioni. “Questa è troppa libertà e capitalismo per la sinistra argentina, che avverte la distruzione del patrimonio culturale argentino, il calcio. Ma non è così semplice, perché l’idea romantica che i club siano gestiti dai tifosi e dai soci stessi è ben lontana dalla realtà. Il calcio per club argentino, come tutti i campionati latinoamericani, è degenerato in un campo di allenamento per i principali club europei come Real Madrid, Manchester City e Paris Saint-Germain, almeno da quando sono state imposte le restrizioni agli stranieri.
L’idea di Milei è che “ci sono solo due modi per fermare questo sviluppo: o l’Europa smette di utilizzare l’Africa e il Sudamerica, oppure i club sudamericani colmano il divario finanziario con la concorrenza ed entrano nella competizione. Dall’Europa arriverà poco sostegno”.
Perché “l’avanzata di Milei è una dichiarazione di guerra alla superiorità europea. E attacca quello che è considerato un equilibrio di potere consolidato nel calcio argentino. Molti club sono formalmente nelle mani dei membri, il che porta alcuni osservatori stranieri ad avere una visione ingenua e romantica. In realtà, però, prevalgono gli accordi dietro le quinte”. “I politici, strettamente legati agli Ultras, guardano dall’altra parte. Nessun capo sindacale, oggi alla guida dei club, nessun politico osa avvicinarsi a questo tabù. Molti cercano addirittura un sostegno mirato”.