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Abbiamo fischiato ma abbiamo amato, e non dimenticheremo la parte migliore

È mancato un giro di campo di Zielinski e Osimhen e gli applausi. Calzona non aveva mai sostituito Di Lorenzo, lo ha fatto ieri. Mah

Abbiamo fischiato ma abbiamo amato, e non dimenticheremo la parte migliore
Ci Napoli 26/05/2024 - campionato di calcio serie A / Napoli-Lecce / foto Carmelo Imbesi/Image Sport nella foto: striscione tifosi Napoli

I calciatori prendono applausi e fischi, è noto. Va così, ed è giusto così. I calciatori del Napoli hanno meritato e preso tantissimi applausi (per stare bassi) l’anno scorso, durante la stagione magica e dopo ancora per le feste. Era tutto bellissimo e tutto meravigliosamente meritato. La squadra è stata poi sostenuta anche quest’anno, praticamente sempre. I fischi – e le contestazioni – sono arrivati quando francamente non se ne poteva più, quando sul campo avveniva tutto fuorché il gioco del calcio, il gioco cui i tifosi del Napoli sono abituati. L’impegno in campo non è mai parso mancare, ma spesso è sembrato un impegno blando, confuso, individuale, inutile. Quindi poi sono arrivati i fischi. Però a Napoli succede sempre qualcosa di diverso anche quando è il momento di fischiare o di fare un ultimo saluto.

Si tesse una trama – e i tessitori sono la società, il presidente, l’ambiente, la confusione, lo spogliatoio – che fa sì che si arrivi a tristi strascichi, laddove dovrebbero primeggiare i saluti. Si vince e si perde, si sa, e si fischia e si applaude, la differenza la fa sempre la maniera. Si parla sempre di tradimento ma il significato di quella parola non lo conosciamo.

Ieri, quando ho sentito i fischi a Di Lorenzo mi è presa una malinconia che (calcisticamente) non mi prendeva da tempo. E credo che fossero malinconici pure quelli che fischiavano, la maggior parte. Si sono sentiti traditi, eppure Di Lorenzo ha giocato sempre, non si è mai tirato indietro. Ha giocato male, certo, come tutti. A parte Kvara e Lobotka, il vuoto quest’anno. Poi si sono sparse le voci di un suo possibile addio, poi, poi, poi. Non ho capito perché Calzona che non lo ha mai sostituito, nemmeno in punto di morte atletica, lo abbia fatto uscire ieri. Ma non lo sapeva che lo avrebbero fischiato? Lo sapeva, con ogni probabilità e allora, che voleva? Prendersi una piccola vendetta? Mah. Osimhen se ne va, lo sappiamo da un anno, e non poteva essere salutato come si deve ieri? Invece il lento agonizzare di questa stagione ci ha fatti diventare dei risentiti, dei banali offesi, forse abbiamo ragione, ma a volte bisogna andare oltre le ragioni.

Lo scrittore americano Tom Franklyn in Alabama Blues scrive: «Devi arrivare alla resa dei conti, virilmente, con un po’ d’onore, allontanare un bambino dai binari, restando tu stesso sotto il treno. Lanciarsi su una bomba a mano in battaglia e salvare undici compagni, roba del genere. La pistola alla tempia è una possibilità, ma allora ci vuole un bel colpo di scena». Alla resa dei conti siamo arrivati male, tutti; i calciatori sfiniti da loro stessi, un allenatore inutile con lo sguardo nel vuoto, noi appassionati increduli e fiaccati dalla stagione. Franklyn parla di undici compagni, ho sempre pensato a quel numero, chissà perché lo ha scelto. Nessuno quest’anno si è lanciato su una bomba a mano per salvare gli altri. Nessun calciatore mai in nessuna occasione. Perfino Kvara, il migliore nonostante tutto, molto spesso ha giocato per sé, sfinito in corse e dribbling solitari, anche perché nei dintorni non c’era nessuno da salvare.

Un’ultima giornata avrebbe richiesto un giro di campo di Zielinski e Osimhen e gli applausi, ma la trama era ormai tessuta in altra maniera.

Ci vuole un bel colpo di scena, scrive Franklyn, non c’è stato. Abbiamo fischiato ma abbiamo amato, e non dimenticheremo, e non dimenticheremo soprattutto il bene, la parte migliore, la parte divertente. Abbiamo guardato increduli partite allucinanti fino al fischio finale, sperando ci dicessero che si trattava di una Candid Camera, di un film, ma niente. Siamo arrivati allo stremo, volevamo che il campionato finisse e basta, lo volevamo da due, tre, quattro mesi. Avevamo questo desiderio. Abbiamo fischiato ma volevamo solo andarcene a casa, tutti quanti, uno per volta.

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