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Matteo Lovisa, il ds della Juve Stabia: «Mi ispiro a Giuntoli, partito dal basso e arrivato alla Juventus» (La Verità)

Sulla tendenza a scegliere i calciatori in base agli algoritmi «Penso che alla fine l’occhio umano sia sempre la cosa migliore, la sensazione che ti lascia un giocatore sul campo»

Matteo Lovisa, il ds della Juve Stabia: «Mi ispiro a Giuntoli, partito dal basso e arrivato alla Juventus» (La Verità)

La Verità intervista oggi Matteo Lovisa, il ds dello Juve Stabia che è stato appena promosso in Serie B.

Il ventottenne direttore sportivo originario di San Daniele del Friuli, però, non è né alla prima esperienza né alla prima promozione in cadetteria, visto che già nel 2019 aveva fatto centro con la squadra della sua città, il Pordenone, giunto alle porte della Serie A con la semifinale playoff nel 2020 e prima ancora, nel 2017, a un passo da un’impresa clamorosa come quella di eliminare l’Inter a San Siro agli ottavi di Coppa Italia, quando il sogno sfumò soltanto ai calci di rigore.

Qual è il segreto?

«Io cerco di trasferire la mentalità che ho, poi non sempre ci si riesce perché ovviamente un successo o un insuccesso non dipendono solo dal direttore o dall’allenatore o dal singolo giocatore. Ma posso dire che siamo riusciti a creare, sia cinque anni fa che quest’anno, due gruppi con grande mentalità vincente e con dei valori, sia tecnici che umani».

È vero che va a tutti gli allenamenti?

«A tutti quelli che posso. Diciamo che la mia vita è fatta di calcio. Anche la mia ragazza, che vive con me, lo sa bene» ( ride) . «In pratica vivo 20 ore al giorno di calcio perché è il mio lavoro e la mia passione ».

A proposito, in che modo sceglie i giocatori?

«C’è prima una parte video e poi una di campo che, solitamente, deve lasciarti qualcosa affinché tu scelga un calciatore piuttosto che un altro. Poi, certo, ogni giocatore lo parametri con delle caratteristiche in base al ruolo e ogni direttore ha i suoi di parametri».

nl’algoritmo vedere un video o leggere dei numeri. Poi certo, banche dati e sistemi tecnologici possono aiutare, ma devono essere un valore aggiunto, non una discriminante».

C’è un modello di ds a cui si ispira?

«Beh, penso che ce ne sono parecchi che hanno fatto la gavetta. Il primo che mi viene in mente è Cristiano Giuntoli, partito dal basso e arrivato alla Juventus. Anche io sono partito dal basso e il mio obiettivo è provare ad arrivare il più in alto possibile, ma senza scordarmi da dove sono partito, perché non è che si arriva in Serie A per grazia ricevuta, ma solo tramite i risultati e il lavoro serio».

Da dove nasce la sua passione per il calcio?

«Da ragazzino giocavo, poi siccome sono una persona molto ambiziosa e non vedevo la prospettiva di andare oltre il dilettantismo, ho deciso di fare altre scelte e quindi il direttore» .

 

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