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Io, milanista, vi racconto Pioli: i suoi meriti ma anche i suoi difetti

I tifosi rossoneri esagerano col #Pioliout però i tanti infortuni sono veri così come lo spogliatoio sfuggito di mano col passare del tempo

Io, milanista, vi racconto Pioli: i suoi meriti ma anche i suoi difetti
Dc Roma 18/04/2024 - Europa League / Roma-Milan / foto Domenico Cippitelli/Image Sport nella foto: Stefano Pioli

Il percorso di Stefano Pioli al Milan si chiude com’era iniziato: con uno tsunami di #pioliout che rende hashtag la rabbia spontanea di milioni di milanisti che allo stesso modo, nell’autunno 2019, avevano accolto il nuovo mister (quando tutti invocavano Luciano Spalletti). Pare che Pioli non faticherà a trovare una panchina, forse addirittura quella del Napoli, i cui tifosi – legittimamente – si chiederanno: ma come mai un allenatore che ha trovato una squadra al quattordicesimo posto e l’ha portata, in tre anni, a vincere un campionato e giocare una semifinale di Champions League, è tanto contestato?

I derby. Ha colpito il dato dei 6 derby di fila persi. Ma il problema non è tanto perdere i derby, ma perderli sempre allo stesso modo. Negli ultimi 3 anni di sfide, 5 volte l’Inter è andata in vantaggio entro il decimo minuto e altre tre volte ha segnato entro i primi 20. Si dirà: è da provinciali basare un giudizio soltanto sui derby. Vero, ma se sui derby ci si giocano trofei o stagioni (come nella Supercoppa 2023 o in semifinale di Champions) non è accettabile vedere replicare gli stessi errori, con l’Inter che non deve far altro che ripetere la solita partita di sempre per chiudere la pratica in mezz’ora.

L’umiltà. Il giorno prima della disfatta per 5 a 1 contro l’Inter (settembre 2023), Franco Ordine del Giornale chiede a Pioli in conferenza se ha trovato contromisure al problema – già evidente allora – degli approcci horror agli ultimi derby. Risposta: “Non ho guardato i derby del passato, ho guardato solo le prime tre partite dell’Inter in campionato”. Dopo il 5 a 1, Pioli ritiene di “non dover chiedere scusa ai tifosi”. In tempi più recenti, prima dell’ultimo derby, Carlo Pelegatti introduce una domanda definendosi “piolista e milanista” e il mister lo interrompe: “Non in tanti lo sono stati quest’anno, milanisti”. Patenti di milanismo – oltretutto da un tifoso dell’Inter dichiarato – sono certamente una caduta di stile ma ancor più dimostrano mancanza di umiltà, visto che gran parte delle critiche mosse dai tifosi si sono rivelate corrette.

Questioni tattiche. Tra i tifosi milanisti va ormai di moda un’osservazione: giochiamo col 5-0-5. Il motivo? Spesso la squadra in fase di possesso è spaccata a metà, 5 difendono e 5 sono schiacciati all’altezza dell’area di rigore avversaria. Il risultato, in caso di palla persa in attacco, è intuibile. I tifosi probabilmente esagerano, ma anche le ultime partite offrono uno spunto al riguardo: Loftus-Cheek. L’inglese è stato tra i migliori a inizio 2024, poi si è eclissato. Per qualche settimana ha funzionato alla grande nella posizione di trequartista – e di questo va dato merito a Pioli – poi però ha perso efficacia perché di fatto Loftus è diventato una punta. Lo si vedeva bene con la Roma: l’ex Chelsea è efficace se parte da dietro e arriva in area con l’inserimento (vedi i gol a Udine o a Empoli, per dirne due), perché ha ottimi tempi, ma se durante il giro palla sulla trequarti lui aspetta già il pallone accanto a Giroud, diventa inutile. Con l’aggravante che per metterlo lì il Milan rinuncia ai suoi centimetri a metà campo.

La gestione tecnica dei giocatori. Nel suo primo anno in Italia, Yacine Adli ha giocato 140 minuti in campionato. In un Milan spesso incerottato non ha mai trovato spazio neanche a partita in corsa (25 minuti in tutto il girone di ritorno). Quest’anno, all’improvviso Adli diventa un titolare dopo che Krunic (forse il principale feticcio di Pioli, che gli cuce addosso un ruolo alla Busquets al costo di rifiutare grosse offerte dalla Turchia in estate) si rivela quello che è, ovvero un onestissimo giocatore che però non può avere chiavi in mano la regia della squadra. A metà anno Krunic se ne va per un terzo della cifra che era stata rifiutata 4 mesi prima. Possibile che Adli, che va per i 24 anni (non 18) e aveva 99 presenze in Ligue 1, abbia scoperto come giocare a calcio solo quest’anno? Ancora: Samuel Chukwueze. Di gran lunga il più in forma in attacco, nella decisiva doppia sfida con la Roma gioca in totale 55 minuti, dieci all’andata (in cui mette in porta Giroud) e 45 al ritorno a partita compromessa. Perché?

Gli infortuni. Il Milan vive da anni un loop di infortuni che colpisce soprattutto in autunno. Tra ottobre e novembre la squadra è falcidiata al punto di compromettere obiettivi importanti (quest’anno in autunno si è creato il solco con l’Inter, due anni fa le assenze azzopparono il Milan nel girone di Champions). Pioli ha sempre difeso il suo staff, ma la ripetitività di certe situazioni fanno perdere la pazienza ai tifosi: una preparazione estiva sbagliata? Una cattiva gestione dei tanti impegni ravvicinati in autunno? Il problema c’è, la risposta non l’ha mai data nessuno.

Perché cambiare? I cicli finiscono. I segnali c’erano già stati lo scorso anno, quando a gennaio Pioli dava la sensazione di aver perso lo spogliatoio e soprattutto di aver finito le idee in campo. La Champions è arrivata solo grazie alla penalità per la Juve, poi la proprietà ha deciso di cambiare tutto (dirigenza, giocatori) tranne Pioli, ripartendo con lui. I suoi meriti (su tutti il bel gioco dei primi due anni e l’aver valorizzato quelli che allora erano solo giovani di talenti, come Theo Hernandez, Leao, Kalulu, Diaz) sono indiscutibili e qualunque milanista, 5 anni fa, avrebbe firmato per ottenere i risultati che ha ottenuto. Per questo a differenza di Giampaolo, Montella o altre meteore della panchina del Milan, Pioli avrà altre chance ad alti livelli. A San Siro non ha più nulla da dare. Altrove, per esempio a Napoli, potrà partire col vento in poppa (fece bene anche il primo anno alla Lazio) ma nel medio-lungo periodo avrà tantissimo da correggere.

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