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Il Napoli butta la Champions costruendo dal basso, demoniaca perversione del calcio contemporaneo

Il City di Guardiola non sempre la fa, il Napoli invece sì. E così regala due gol al Frosinone (2-2) e saluta la Champions.

Il Napoli butta la Champions costruendo dal basso, demoniaca perversione del calcio contemporaneo
As Napoli 14/04/2024 - campionato di calcio serie A / Napoli-Frosinone / foto Antonello Sammarco/Image Sport nella foto: striscione tifosi Napoli

Il Napoli butta la Champions costruendo dal basso, demoniaca perversione del calcio contemporaneo

Martedì scorso al Santiago Bernabeu si è giocata Real Madrid-Manchester City finita 3-3. Soprattutto a inizio secondo tempo, quando la squadra di Ancelotti ha pressato alto e con intensità, il portiere di Guardiola (Ortega) invece di assecondare gli onanisti del football, ha messo il suo bel piedone sotto la palla e l’ha lanciata cinquanta metri più avanti. Magari perché loro hanno Haaland (ma il Napoli ha Osimhen), magari perché l’erba era troppo alta. Fatto sta che anche la squadra del mitico Pep ha rinunciato alla costruzione dal basso. Perché l’ideologia va bene ma mai a scapito dell’intelligenza. Evidentemente Calzona e i difensori del Napoli martedì sera Real-City non l’hanno vista. E così si sono divertiti ad assecondare una delle più demoniache perversioni del calcio contemporaneo: la costruzione dal basso (va letta con tono fantozziano, come quando pronunciava Corazzata Potemkin).

Per due volte il Napoli ha regalato il pareggio al Frosinone con la costruzione dal basso. Una bella, canonica. Si sono posizionati come da manuale. Due difensori e Meret al centro che perde tempo (a Napoli si dice si intallea), l’avversario arriva, gli sporca il pallone e Cheddira segna. Nel secondo caso, il portiere friulano è stato costretto da Rrahmani da un improvviso lancio lungo che potremmo definire alla Donnarumma, cioè sui piedi degli avversari. In tre tocchi sono andati in porta, ancora con Cheddira che a Bari stanno piangendo coi lacrimoni. La squadra di Di Francesco si è persino divorata il 2-3 con un liscio a un metro dalla porta che finirà nel museo degli orrori del calcio.

Napoli-Frosinone ha detto che sì, la squadra ha vinto a Monza con una fiammata ma i miracoli nel calcio non esistono. Anche quando appare Spalletti in tribuna, come oggi. Non c’è stata alcuna trasformazione, ovviamente. Il Napoli è rimasta la squadra che abbiamo visto da inizio stagione. Una formazione capace di improvvise fiammate, perché ha calciatori che in ogni momento possono inventare grandi giocate. Ma non c’è l’automatizzazione che era stata evidente e fondamentale nel campionato dello scudetto. Non si tratta di folgorazioni casuali. Sono frutto della reminiscenza e del patrimonio tecnico individuale. È stato così che sono arrivati i due gol del Napoli. Un formidabile tiro a giro di Politano che ha bissato la perla alla Zidane della settimana scorsa a Monza. E poi un tocco ravvicinato di Osimhen, sul filo del fuorigioco ma in gioco, su tiro al volo da fuori di Kvaratskhelia che poco prima aveva costretto Turati a una parata spettacolare (sia pure centrale) sotto la traversa.

Queste sono state le fiammate che però non sono bastate per vincere. Il Napoli è salito a 49 punti, pari punti con la Lazio. L’Atalanta è un punto sopra e deve recuperare due partite. Il Bologna è lontano dieci punti, la Roma sei.

Il Napoli non ha e non ha avuto la forza mentale per giocare la partita 95 minuti. Come sempre, ha sofferto di cali di concentrazione. Di amnesie. Appannamenti di cui il Frosinone a volte ha approfittato e a volte no. Non ne ha approfittato nel primo tempo quando Cheddira si è guadagnato il rigore grazie a Rrahmani che gli è franato addosso. Dal dischetto è andato Soulé che ha regalato il pallone a Meret. I ciociari però hanno gradito i regali nella ripresa. Entrambi, come detto, figli della costruzione dal basso. Dall’alto invece arrivano i fischi del Maradona.

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