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Il grande giornalismo calcistico è morto: ormai scegliamo i media come i filtri delle foto (Guardian)

Il Times ha licenziato Winter l’ultima celebrità dei giornali inglesi. Oggi il panorama è ricchissimo, ti scegli l’esperto che preferisci: tattica, mercato, cultura calcistica

Il grande giornalismo calcistico è morto: ormai scegliamo i media come i filtri delle foto (Guardian)
Db Milano 22/02/2010 - commemorazione a un anno dalla morte di Candido Cannavo' / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Gianni Mura

Doverosa premessa: questo è un pezzo del Guardian che parla di giornalismo sportivo, scritto da quello che è probabilmente il più brillante giornalista sportivo anglosassone, usando come innesco il licenziamento del più importante giornalista sportivo inglese. Una riflessione su come eravamo abituati a “consumare” il calcio, e su cosa è invece diventato questo mondo nell’inversione di tendenza: forse è il calcio mediatico che consuma noi. Non per forza è un male. Perché – spoiler – questo non è il solito editoriale sul “come si stava meglio prima”.

Doverosa premessa bis: chi è Henry Winter – il più grande giornalista di calcio d’Inghilterra – lo spiega direttamente Jonathan Liew, la suddetta penna brillante del Guardian. “Winter è il principale redattore calcistico del Times, almeno fino a quando non è stato improvvisamente licenziato la scorsa settimana. È stato un licenziamento che ha fatto il giro del mondo, se per mondo intendiamo “i gruppi WhatsApp dei giornalisti sportivi dei giornali”. Per Liew, il licenziamento di Winter “ci dice molto su come e attraverso chi consumiamo il calcio in questi tempi“.

“Perché nel corso dei suoi 35 anni all’Independent, al Telegraph e al Times, Winter è probabilmente diventato la cosa più vicina a una celebrità che il giornalismo calcistico abbia mai avuto. I giocatori lo conoscono. I manager lo conoscono. Era onnipresente, rispettato, praticamente intoccabile. Quando il Times lo assunse, annunciò la firma con una sontuosa campagna pubblicitaria televisiva”.

Winter e Liew sono stati colleghi per sette anni al Telegraph “ma lui era sempre in viaggio: collezionando centinaia di partite a stagione, migliaia di chilometri, resoconti di partite al chilo, interviste a palate, tournée pre-campionato, tornei under 21, partite di campionato del venerdì sera: ogni secondo di veglia ogni giorno di veglia veniva incanalato in questa esistenza, una carriera che diventava una vita, e viceversa”. Winter è stato un esempio “delle virtù senza tempo della prosa semplice ed elegante”.

Ma soprattutto – ed è la cosa che interessa a noi, infine – “da una prospettiva non industriale, l’aspetto più macabramente affascinante della carriera di Winter è il modo in cui rappresenta uno degli ultimi tentativi concertati dei media di incarnare quella che potresti definire ‘la voce autentica del calcio’: autorevole, onnisciente, non affiliata, gospel. Ultrà per le strade, Shakespeare sulla carta. E per estensione l’idea che questo sport sia uno spazio comune, uno spazio singolare. Che quando guardiamo il calcio guardiamo essenzialmente la stessa cosa, insieme”.

È chiaramente un’idea del mestiere “in recessione da parecchio tempo, un processo che rispecchia in gran parte l’evoluzione dei media calcistici nel loro complesso. Ma per decenni questo è stato il modo in cui tutti noi abbiamo recepito il gioco: attraverso i giganti della televisione e della radio, i decani di Fleet Street, uomini coi cappotti di cammello che offrivano non tanto opinioni ma giudizi”.

Oggi, continua Liew, “questo ruolo è stato assunto da Twitter, un posto nel quale i giornalisti potevano fingere di essere celebrità e le celebrità potevano fingere di essere giornalisti”. Winter ha un grande seguito anche sui social, manco a dirlo. Ma non è la popolarità, il punto.

“Sotto la superficie, il terreno si sta fratturando da anni: l’attenzione e l’influenza stanno scomparendo non solo dai giornali tradizionali, ma da tutti. Perfino la televisione ha perso il suo potere di unirci: i suoi live action sono ormai per lo più protetti da paywall, i suoi esperti sono ormai invariabilmente partigiani, i suoi contenuti usa e getta. Ciò che una volta costituiva il nostro spazio calcistico condiviso si è frantumato in un milione di galassie: forum e fan media, podcast e canali YouTube, blog e siti specializzati, Reddit e TikTok, i feed curati che ci consentono di guardare una partita attraverso qualunque filtro scegliamo: tribale, social, battute, fantacalcio”.

“Il vecchio mondo – un mondo sommerso di guardiani tradizionali, duchi di giornali e tiepide citazioni di Gareth Southgate sotto embargo fino alle 22.30 del venerdì – è sparito. E forse le ultime persone a notarlo sono i pochi ancora al suo interno”.

È una considerazione da massimi sistemi della professione: nel 2024 la “voce autentica del calcio” non può esistere. “Che tipo di giornalista potrebbe parlare in modo significativo a tutti i vari silos dello sport? Dovrebbe essere esperto di calcio maschile e femminile, contesto sociale e storico del gioco, geopolitica e finanza, mercato e tattica, analisi e scienze sportive, battute e rabbia, di tutti i principali campionati europei e molti altri ancora. E, naturalmente, dovrebbe avere dimestichezza con tutti i nuovi vertiginosi linguaggi dei media visivi, attraverso tutti i formati e le piattaforme immaginabili. Quella persona, ovviamente, nella realtà non esiste. È tutto calcio. Ma è troppo grande perché una qualsiasi entità possa concepirlo, per non parlare di coprirlo giornalisticamente”.

È come se fatalmente oggi potessimo contare su tanti pezzettini di Winter sparpagliati un po’ ovunque, da ricomporre a piacimento come i Lego. Oggi – conclude Liew – “nonostante tutte le sue ingiustizie e inefficienze, il panorama dei media calcistici è più ampio e ricco di quanto non sia mai stato. Hai Fabrizio Romano per il mercato, Grace Robertson per le tattiche, Versus per la cultura calcistica, il podcast Stadio per il gioco globale, Mark Goldbridge per gli sproloqui performanti su Erik ten Hag, il Guardian per le riflessioni”, eccetera. “In un certo senso, non c’è mai stato un momento migliore per consumare il calcio. Il giardino è in fiore. Ma affinché la primavera abbia inizio – e sì, lo sapete che sta arrivando – Winter, l’inverno, deve finire”.

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