ilNapolista

Il calcio è diventato una scusa, è la società ad essere razzista, sessista e violenta (El Paìs)

“La partita viene considerata un’esperienza anestetica. Un abbonamento allo stadio è più economico della terapia settimanale con uno psicologo”

Il calcio è diventato una scusa, è la società ad essere razzista, sessista e violenta (El Paìs)
Real Madrid's Brazilian forward #07 Vinicius Junior celebrates scoring his team's first goal during the Spanish league football match between Valencia CF and Real Madrid at the Mestalla stadium in Valencia on March 2, 2024 (Photo by Jose Jordan / AFP)

“Rabbia. Parolacce. Abuso. Indegnità. Andando. Indignazione immediata. Violenza. Il calcio tira fuori il peggio di noi. Puoi quasi immaginare il calcio come un diavoletto incorporato nel tuo cervello che ti sussurra all’orecchio per farti impazzire. Il calcio è quasi una scusa dalla responsabilità personale. Ma è il calcio o è questo il vero carattere dei tifosi?“. Se lo chiede sul Pais Lucia Taboada.

Il calcio semplicemente elimina le inibizioni. Non è che alcune persone siano normali e diventino temporaneamente razziste, sessiste o violente durante una partita, è che quelle persone sono razziste, sessiste e violente. Il fatto è che la società è razzista, sessista e violenta. Esiste, in realtà, una transizione coerente tra la cultura calcistica e il resto della società. Il calcio è uno specchio imperfetto, ma specchio, il cui riflesso è amplificato dallo stato rituale e anestetico che provoca”.

Il punto, scrive El Paìs, è che “molte persone, dal signore ammaccato dalla routine al ragazzino frustrato, cercano nel calcio un’esperienza trasgressiva. Non si accontentano solo di guardare una partita. Si tratta di rimanere completamente cancellati per due ore, anche per un giorno intero se quello precedente è buono. Bere, cantare canzoni, gridare un inno, gridare slogan, insultare il rivale, indossare una maglietta, sventolare una bandiera collettiva, liberarsi da corsetti e regole, esprimere un’identità e tornare a casa con un’esperienza anestetica con cui affrontare il resto della settimana. Fino alla prossima partita. Un abbonamento calcistico è notevolmente più economico della terapia settimanale con uno psicologo”.

“Qualcosa, però, sembra stia cambiando. Se non nei comportamenti riprovevoli, almeno nelle reazioni. Non ci sono più applausi né indifferenza. Quique Sánchez Flores è andato sabato in sala stampa e ha detto che “qui una parte del pubblico crede di poter venire e dire quello che vuole, questo è quello che sta succedendo nel calcio. Siamo lavoratori, dobbiamo essere rispettati. Ci tirano dietro e ci dicono cose che vanno oltre ogni spazio di convivenza”.

ilnapolista © riproduzione riservata