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Acerbi e il capolavoro sindacale di Calcagno: la lotta al razzismo in Italia si fa difendendo i razzisti

Le solite dichiarazioni all’italiana. «Non strumentalizziamo». «È un ragazzo sereno». La verità che siamo razzisti senza speranza

Acerbi e il capolavoro sindacale di Calcagno: la lotta al razzismo in Italia si fa difendendo i razzisti

«La lotta al razzismo deve essere condotta senza se e senza ma», dice Calcagno. E infatti lui usa il “però”. L’altra congiunzione avversativa che in un lampo disinnesca la volenterosa premessa: “Però non strumentalizziamo certi episodi: Acerbi tra l’altro è un ragazzo sereno che si è subito scusato, uno dei calciatori che più si spende per gli altri, e ricordiamoci che i calciatori sono coloro che, nel nostro mondo, più subiscono insulti e minacce“.

Calcagno è il presidente dell’Aic, il sindacato dei calciatori. E nella fattispecie ha un problema d’etichetta: deve difendere sia Francesco Acerbi che ha dato del “negro” a Juan Jesus, sia la vittima del suddetto insulto. Sono entrambi iscritti alla sua associazione. E come si fa? Allora Calcagno, intervistato da Radio Anch’io Sport, ricorre alla solita poltiglia del “bravo ragazzo”. Anzi stavolta dice che Acerbi è “sereno”.

“Sereno” in Italia si usa, come risposta a scatto fisso, quando ti iscrivono ad un qualunque registro degli indagati. Quelli sereni poi hanno sempre “fiducia nella magistratura”, altro tic retorico. Calcagno vuol dire che Acerbi in fondo non è cattivo, e adesso non facciamo la gara a disegnarlo così. Al cambio del benaltrismo sottinteso, è il corrispettivo del “salutava sempre” messo in bocca al vicino di casa di quello che ha sterminato la famiglia nottetempo.

Calcagno “condanna”, ovviamente. Ma chi, non si sa. Non Acerbi. Perché – è forse il passaggio più ambizioso del suo intervento – “i calciatori sono quelli che più subiscono insulti e minacce”. Anche Acerbi, dunque, è vittima di se stesso. Per traslazione. Nell’indisponibilità questa volta, della classica “sparuta minoranza di cretini” da incolpare – i tifosi – Calcagno la butta in tribuna: povero Acerbi, non esageriamo. E Juan Jesus, il “negro”? Boh. Povero pure lui, dai. Facciamo pace. “Si è scusato”.

Date tempo al tempo: a breve il problema sarà Juan Jesus, e la sua delazione. Non Acerbi e il suo “sereno” razzismo. 

“La giustizia farà il suo corso”, dicono sempre quelli che sereni s’avviano alla prescrizione del proprio reato. Nel caso specifico, lo farà quella Sportiva, famosa per i suoi prezziari lobotomizzati, quelli per cui la “discriminazione territoriale” vale quanto tre bicchieri di plastica lanciati in campo. Però resta sul campo, come un cadavere, il senso del ridicolo.

Il calcio italiano alle prese col razzismo endemico ha collezionato così tante figuracce, negli anni, da aver fatto tutto il giro. E’ un campionario che moduliamo alla perfezione: i “distinguo” agonistici sono la vera cifra del nostro calcio, per non scavallare alla società tutta. Ricordiamo che un Presidente federale di qualche anno fa andava “contumeliando” di Optì Pobà e banane accessorie. O capitan Chiellini che nel dubbio se inginocchiarsi o meno lasciò in sospeso uno straodinario “faremo qualcosa contro i nazisti”. Non ci sorprende più nulla.

Men che meno ci sorprende Calcagno, per ruolo e personalità. Ma che i calciatori (uomini fatti, milionari) vengano ancora trattati da discoli, da bambini di seconda elementare, è forse il tratto più avvilente della questione. Maheta Matteo Molango, 41 anni (non 80), Ceo del sindacato inglese dei calciatori ha detto intervistato oggi dal Fatto:Fare sindacato non significa dire ai calciatori che sono sempre bravi e buoni. Non vanno infantilizzati”. Che pianeta abita Molango? L’Inghilterra, appunto. È stato anche nel board della Sampdoria, ha madre ligure. Sa di cosa parla.

Francesco Acerbi ha 36 anni. È un Nazionale (a questo giro, no non più, negli Usa il razzismo è una cosa seria non una commedia all’italiana). Saprà prendersi la responsabilità di quel dice, no? Glielo lasciamo fare? Si è già scusato (e ci mancherebbe altro) con Juan Jesus, ma poi è andato in ritiro da Spalletti a “svelare” che “non c’era intento denigratorio”. Ah no?

Nel mentre si chiarisce le idee, sarebbe bello se il resto dell’ambiente evitasse le coccole morali, quel peloso fenomeno d’aderenza simbolica che porta a solidarizzare per il carnefice invece che per la vittima. O quanto meno per entrambi, come fossero pari davanti all’indecenza. Acerbi è una “persona serena”? Buon per lui. Non ha bisogno di Calcagno. E nemmeno Juan Jesus. Senza se, ma e però.

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