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Sul Napoli imperversa la narrazione da “Don’t look up”

Nessuno prende sul serio la realtà, è ripartito il tormentone centro sportivo. L’unico che vince nel Napoli è Giuffredi: tre rinnovi su tre

Sul Napoli imperversa la narrazione da “Don’t look up”

Sul Napoli imperversa la narrazione da “Don’t look up”

In perfetta sintonia con la città, dove la chiacchiera ha più dignità delle ore di lavoro, De Laurentiis fa trapelare l’intenzione, sull’onda rosicatoria del nuovo Viola Park dell’amico Rocco Commisso, di costruire un centro sportivo con 12 campi, foresteria, palestra, sala stampa, centro medico, acqua, birra coca, borghetti chi beve…

Il centro sportivo del Napoli sarà costruito due volte.

Insomma come l’ICI di Cetto La Qualunque, il centro sportivo del Napoli sarà costruito due volte.

Il futuro training center del Napoli è sempre più somigliante al Ponte sullo Stretto di Messina, oppure alla bonifica di Bagnoli, la riqualificazione riguarderà i nostri nipotini. Al centro del dibattito con cadenza biennale, in qualche momento di stanca o di difficoltà se ne discute per un po’, si intervistano i sindaci dei comuni “benedetti” dalle intuizioni del patron, si prospettano partnership con nomi roboanti, si rispolverano vecchi progetti ed impolverati plastici per dare un’idea di un qualcosa che è presente solo nelle parole (come l’aeroporto del film Anni Ruggenti), e alla fine cade tutto cade nel dimenticatoio, sopratutto se in concomitanza di buoni risultati sportivi.

Anche i bluff invecchiano.

La tifoseria è assolutamente spaccata rispetto alle vicende del Napoli. Nel dibattito continua ad imperversare la narrazione da “don’t look up”. Il paradosso è che con il Napoli costantemente primo il San Paolo era spesso in contestazione alla società. Con il Napoli disastroso di questa stagione nessuno parla. Nessuno ha nulla da ridire.

La narrazione cittadina si arrabatta tra le solite fazioni di pro e contro la società a prescindere. Come se fossero dei partiti politici. Nessuno brilla per eloquio. Ad agosto ci si adagiava sui sedici punti di vantaggio, poi sulle doti taumaturgiche di De Laurentiis, adesso la giustificazione è “una stagione su venti la può sbagliare”. Premesso che ne ha sbagliate anche altre, ma almeno le precedenti avevano dalla loro una conduzione tecnica e sportiva credibili a cui ci si affidava. Oggi il Napoli è in caduta libera. E proprio perché in caduta libera si richiama Mazzarri, si riparla dello stadio, si riparla del centro di allenamento si chiede scusa e si promettono chiarimenti al chiaro di luna.

Tutta fuffa per il carrozzone

Tutta fuffa per il carrozzone, anche perché non si sa che direzione dare al futuro. Nel futuro che non verrà mai è conservato un avvenire radioso.

Del mercato meglio non parlarne, non perché si sia affamati di calciatori, ma perché questa sessione di gennaio, laddove ve ne fosse bisogno, ha messo tristemente in luce il caos che regna in società. Si parte in tromba cercando di contendere giocatori alla premier (Dragusin) e si finisce per accorgersi che Ostigard può andare ancora bene. Si lesina sul numero dei centrocampisti e si fa la morale a Zielinski che andrà via a parametro zero e potrebbe essere estromesso dalla lista Champions.

L’unico che vince sempre è Giuffredi che somiglia sempre più a Bis il consigliere del Principe Giovanni di disneyana memoria. Tre rinnovi su tre negli ultimi sei mesi. Un record.

Ma nemmeno questo è il problema.

Il problema è sempre lo stesso ed è la risposta al famoso quesito di Thiago Motta. Finché la soluzione sarà quella indicata, allora per il Napoli non ci sarà nessun futuro luminoso.

Sarà un futuro fatto di Mazzarri, di Garcia, di Cannavaro di Hamsik e Mertens dati in pasto ad i tifosi perché non c’è voglia che di guardare al proprio passato, come Norma Desmond.

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