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Tedesco allenatore della nouvelle vague che non conosce l’integralismo (e piace a De Laurentiis)

Ha 38 anni, ha lavorato sempre all’estero, è ct del Belgio. È duttile: difende a tre e a quattro. Sa difendere basso, predilige calcio verticale e pressing

Tedesco allenatore della nouvelle vague che non conosce l’integralismo (e piace a De Laurentiis)
Lipsia (Germania) 07/04/2022 - Europa League / RB Lipsia-Atalanta / foto Imago/Image Sport nella foto: Domenico Tedesco

A soli trentotto anni d’età (ne compirà trentanove il prossimo 12 settembre) Domenico Tedesco vanta già esperienze importanti nel proprio curriculum. Nato a Rossano (Calabria) e trasferitosi giovanissimo in Germania con la famiglia, Tedesco ha già allenato in carriera club importanti come lo Schalke 04, lo Spartak Mosca e il Lipsia ed è attualmente il commissario tecnico della nazionale del Belgio.

La carriera di Tedesco è cominciata molto prima quando, appena venticinquenne, si ritrovò a svolgere funzioni di vice-allenatore con l’Asv Aichwald, nei bassifondi della piramide calcistica della Germania.

Tedesco è un Laptop Trainer

Pur senza avere alle spalle un passato da calciatore professionista, Tedesco riesce a imporsi in un calcio come quello tedesco che, negli ultimi quindici anni, ha cominciato a proporre ad alti livelli molti dei cosiddetti Laptop Trainer. Questo termine, coniato in modo dispregiativo dall’ex giocatore del Bayern Mehmet Scholl per indicare allenatori senza alle spalle un passato da calciatori professionistici (quasi che, parafrasando Arrigo Sacchi, per essere dei buoni fantini si debba prima essere stati cavalli), ha finito invece per identificare alcuni esponenti della nouvelle vague dei tecnici teutonici, fra i quali lo stesso Tedesco, Thomas Tuchel e Julian Nagelsmann.

La grande occasione nel calcio che conta tedesco l’ha avuta con lo Schalke. Il club di Gelsenkirchen decide di affidarsi all’allenatore italo-tedesco per la stagione 2017-18. In quel momento Tedesco è reduce da una salvezza conquistata con l’Erzgebirge Aue in Zweite Bundesliga (la Serie B locale). A sceglierlo è Christian Heidel lo stesso direttore sportivo che, quando lavorava nel Mainz, non si fece problemi a mandare in panchina due sconosciuti come Jürgen Klopp prima e Tuchel poi.

Allo Schalke schierava la difesa a tre

Arrivato a Gelsenkirchen, Tedesco decide di iniziare utilizzando una formazione 3-4-3, con un blocco difensivo formato dai tre difensori e dai due mediani e con due laterali (Daniel Caligiuri a destra e Bastian Oczipka a sinistra) pronti a trasformare la linea difensiva a cinque. Dal punto di vista dell’approccio quello Schalke difendeva con un blocco basso, creando così spazio alle spalle della linea avversaria da attaccare poi in contropiede. Nella propria metà campo la squadra della Ruhr era molto aggressiva, cercando di forzare la riconquista della palla per poi azionare in verticale il prima possibile i tre riferimenti offensivi.

Contro formazioni che affrontavano lo Schalke in maniera più accorta, Tedesco modificava la strategia difensiva, passando ad attuare una pressione più alta per conquistare palla in zone di campo vicine alla porta avversaria. Tutto questo pur rimanendo sempre una squadra verticale (possesso medio del 46.6%). Fra i giocatori che beneficiarono del lavoro di Tedesco va certamente menzionato Leon Goretzka. Il centrocampista dello Schalke, utilizzato da Tedesco in posizione più avanzata, arrivò a segnare anche 4 reti, guadagnandosi le attenzioni del Bayern Monaco che lo acquistò al termine della stagione.

Durante la sua seconda esperienza in Bundesliga (con il Lipsia) Tedesco ha invece proposto un modello di gioco più paziente, con una fase di costruzione ragionata. In possesso era spesso il centrocampista sloveno Kevin Kampl che si abbassava per aiutare i difensori in fase di uscita palla, con Angeliño che si alzava a sinistra e con l’austriaco Konrad Laimer che restava come
unico centrocampista centrale.

Lo scopo della fase di costruzione era quello di attirare la pressione avversaria per superarla e andare successivamente a mettere in moto gli elementi avanzati (i vari Emil Forsberg, Christopher Nkunku, Dani Olmo, André Silva). Per arrivare a loro il Lipsia di Tedesco sviluppava soprattutto lateralmente con il già menzionato Angeliño a sinistra o con Nordi Mukiele a destra, aiutati dai trequartisti del 3-4-3.

In fase difensiva la squadra della RedBull era organizzata da Tedesco con una struttura 5-2-3/5- 3-2 molto aggressiva in fase di riaggressione a palla persa e che sfruttava delle trappole per far scattare il pressing alto in situazione di possesso avversario.

Arrivato alla guida della nazionale belga, Tedesco si è presentato dichiarando di voler proporre una nazionale attiva in fase di possesso, offensiva, in grado di imporre il proprio gioco.

Quello che si è potuto notare durante le qualificazioni agli Europei della prossima estate (che ha visto il Belgio vincere il suo Gruppo con uno score di 20 punti conquistati in 8 gare: 22 reti fatte e soltanto 4 subite) è stata la flessibilità tattica mostrata dalla formazione di Tedesco.

Il suo Belgio partiva generalmente con la difesa a quattro, che si poteva poi trasformare in una linea a tre a inizio azione, con uno dei terzini che restava bloccato accanto ai centrali per impostare. L’idea base rimaneva quella di andare a far male in verticale il prima possibile. Contro squadre che difendono basse, il Belgio cerca di sovraccaricare una zona del campo per poi muovere palla velocemente nelle altre, andando a riempire tutti i cinque corridoi verticali del campo e sfruttando Romelu Lukaku come attaccante di manovra, in grado di difendere e smistare palla spalle alla porta.

Proprio la duttilità tattica evidenziata in carriera e l’adattabilità ai giocatori a disposizione (insieme alla conoscenza della lingua italiana che potete constatare nell’intervista rilasciata qualche anno fa al podcast Il Terzo Uomo) rappresentano dei punti a favore di Tedesco che potrebbero convincere Adl a portarlo a Napoli.

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