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Manzini è tornato e ovviamente merita (anche se non c’è Rocco Schiavone)

È uscito l’ultimo giallo “Tutti i particolari in cronaca” con l’intreccio tra due vite: quella di un archivista e di un giornalista. In mezzo, tre delitti

Manzini è tornato e ovviamente merita (anche se non c’è Rocco Schiavone)

Aspettando la sesta stagione della fiction “Schiavone” – ora tutti la danno per certa ma noi del Napolista ne abbiamo parlato in anteprima a luglio – quelli che senza Manzini non possono stare, possono consolarsi con “Tutti i particolari in cronaca (pagg. 304, euro 17.50; Giallo Mondadori)” che certo non è uno Schiavone, ma che ci conferma nella nostra tesi che Manzini sia se non il migliore giallista italiano, quello che della grande pletora dei suoi colleghi scriva meglio.

Bologna, città che trattiene negli umori dei suoi mattoni la sua storia, pochi anni prima rispetto ai nostri. Due vite parallele si intrecciano: quelle dell’archivista apparentemente sociopatico Carlo Cappai e quell’altra di Walter Andretti, neo-giornalista di “nera” al Gazzettino. La summa di queste due narrazioni – il diario del giornalista di nera ed il memoriale di Cappai – vengono recapitati per posta il 25 ottobre del 2018 ad una maestra di tennis, la statuaria Silvana Capotosti.

Il giallo è la ricostruzione di queste due esperienze di vita, che a volte si intrecciano. Carlo Cappai è in fuga dalla sua appartenenza borghese figlia dell’esperienza di potere del padre – il giudice Bruno Cappai -, mentre Andretti sta cercando di non perdere la sua occasione di vita e di relazione. Si incontrano casualmente nell’archivio del tribunale dove Andretti cerca – studiando i faldoni dei processi – addendi alla sua attività di cronista, mentre Carlo Cappai quei faldoni li sente come voci che chiamano.

In mezzo, tre omicidi: quello di un puttaniere-spacciatore, quello di un omicida di genitori ed il terzo in cui viene pugnalato Luigi Sesti un fascistucolo figlio di una genia potente che ha ucciso Giada – l’amica del cuore di Carlo – ma che per quest’omicidio politico non è stato condannato. Cappai viene processato per questo terzo omicidio, ma un solo dettaglio può dare l’innocenza ad un omicidio che appare così palese? Esiste una Giustizia laica – con la ‘G’ maiuscola – che è diversa dalla giustizia dei Codici e delle tutele giurisdizionali? Siamo noi tutti “sempre responsabili di ciò che non siamo riusciti ad evitare?” Su questa dicotomia discrasica  e su questo brocardo esistenziale si muove tutta la ricostruzione di Andretti e il memoriale di Carlo Cappai. Qualsiasi finale di vita – o di sentenza – è sempre un problema di scelta personale.

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