A Skweek Show: «Quando ho smesso di giocare ero contento, non ho avuto alcuna depressione post-ritiro. Non ne potevo più dei ritiri»

Zinedine Zidane ha rilasciato una lunga intervista allo Skweek Show. Tra i tanti tempi trattati, c’è anche la sua più grande delusione. Dalle sue parole, riportate da Rmc Sport, si capisce che la sua più grande delusione non è il Mondiale 2006, quando diede quella testata a Materazzi.
«Ho perso delle partite ma non è quella la cosa più importante. La delusione più grande che ho avuto è stata quando ero più giovane, quando siamo retrocessi in Ligue 2 con l’AS Cannes».
Infatti, Rmc Sport spiega che Zidane si è formato proprio nel Cannes. “È arrivato a 15 anni, il giovane Zidane esordisce in Ligue 1 nel maggio 1989, a 17 anni. Nonostante il suo talento, dopo aver giocato 71 partite con il Cannes (6 gol), il club retrocede alla fine della stagione 1991-1992 (il club finì 19°). «Non ho giocato», ricorda. «Ma speravo il club si salvasse. Mi hanno venduto subito, sono andato al Bordeaux (nel 1992). Ero giovane, quella è stata la mia più grande delusione»“.
Zidane poi parla anche dei suoi ricordi migliori. Ovviamente non può mancare il Mondiale vinto nel 1998:
«Vincere il Mondiale è stata una sensazione ineguagliabile e per di più l’abbiamo vinto a casa nostra. La prima volta che vinci quella coppa è sempre una cosa incredibile. Viverla, con la gente, è stato straordinario».
Proprio in quella finale contro il Brasile giocava il calciatore più forte con cui Zidane ha giocato. Si tratta del brasiliano Ronaldo:
«Ronaldo è stato il giocatore più forte con cui abbia giocato, potevi metterlo ovunque in campo e faceva cose meravigliose».
L’addio al calcio giocato non è stato traumatico per Zizou:
«Quando ho smesso di giocare ero contento, non ho avuto alcuna depressione post-ritiro. Non ne potevo più dei ritiri e di stare lontano dalla mia famiglia. Non avrei mai pensato di poter diventare allenatore, oggi invece è la mia passione. Del mio lavoro mi piace stare in campo con i giocatori o nel mio ufficio per parlare con loro, molto meno stare al centro dei riflettori e le interviste, ma fanno parte del gioco».