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Spalletti ospite di Atreju la festa di Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni

Sarà tra gli ospiti non politici con Briatore, Vissani, Paltrinieri, il vignettista Federico Osho Palmaroli. Ci sarà anche don Patriciello

Spalletti ospite di Atreju la festa di Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni
Napoli 14/03/2023 - Champions League / conferenza stampa Napoli / foto Image Sport nella foto: Luciano Spalletti

Luciano Spalletti ospite di Atreju la festa di Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni.

Scrive Il Giornale:

«Bentornato orgoglio italiano». La 24esima edizione di Atreju sarà la prima vera con Giorgia Meloni premier e, per quattro
giorni, da giovedì a domenica, animerà il dibattito politico dalla splendida cornice dei giardini di Castel Sant’Angelo. Per Fratelli
d’Italia sarà l’occasione di dare l’avvio alla campagna elettorale per le Europee della prossima primavera dove il partito del premier punta a confermarsi primo.

E prosegue.

Tra gli ospiti saranno presenti anche il ct della Nazionale, Luciano Spalletti, l’imprenditore Flavio Briatore, lo chef stellato Gianfranco Vissani, la direttrice d’orchestra Beatrice Venezi, il nuotatore Gregorio Paltrinieri e il vignettista Federico Osho Palmaroli. Un panel sarà dedicato alla lotta alla criminalità organizzata a cui prenderà parte anche don Maurizio Patriciello, parroco di Caivano.

GUCCINI HA RIFIUTATO L’INVITO (INTERVISTA A CAZZULLO PER IL CORSERA)

La Meloni è una sua estimatrice, l’aveva anche invitata ad Atreju, ma lei non è andato. Perché?

«Ormai mi muovo di rado dalle mie montagne, vuole che lo faccia per andare ad Atreju? Ho gentilmente declinato».

Insisto: perché?

«Perché i fascisti non mi piacciono».

La Meloni non è fascista.

«Ma sento tanti ripetere di lei quello che si diceva di Mussolini: “Il Duce è un genio, sono quelli che lo circondano a rovinare tutto”. Il Duce invece un genio non era; e temo non lo sia neppure la Meloni».

Lei ha detto al Corriere di non essere mai stato comunista.

«Confermo. Ho una simpatia romantica per l’anarchia, un altro tratto che mi avvicina a De André. Ma ho sempre votato socialista, anche se non ero craxiano».

Non ha mai votato Pci?

«Mai. Avevo il mito dell’America di Roosevelt, non dell’Unione Sovietica. E ho scritto una canzone antitotalitaria sulla Primavera di Praga, che finiva con Jan Palach che bruciava come Jan Hus, mandato al rogo in quanto eretico».

È vero che da giornalista della Gazzetta di Modena intervistò Domenico Modugno?

Guccini: «Sì, e ancora me ne vergogno. Fui inutilmente aggressivo. Una chitarronata, come Carducci definì il suo inno a Satana».

Modugno la prese bene?

«Malissimo. Telefonò al direttore per protestare».

Da Vito, la trattoria bolognese, andava anche Lucio Dalla.

Guccini: «Non siamo mai stati davvero amici. Non avevamo confidenza, Lucio era un tipo un po’ misterioso, a volte scontroso. Della sua omosessualità non parlava mai. Adorava la mamma mentre non aveva mai conosciuto il papà, a Bologna si diceva che fosse figlio di padre Pio. E poi eravamo troppo diversi. Lui cittadino, io montanaro. Mi prendeva in giro: cosa fai tutto il giorno in montagna? E io rispondevo: niente. Anche se in realtà facevo un sacco di cose».

Da Vito lei incontrò anche Vasco.

«Mi fece i complimenti per l’Avvelenata, una canzone che non amo. Pensi che con Bertoncelli, quello che “sparava cazzate”, siamo pure diventati amici…».

E la Locomotiva?

«Una suggestione letteraria, non una rivendicazione politica. In un libro di Romolo Bianconi, “Trent’anni di officina”, lessi di questo personaggio claudicante, che in gioventù si era lanciato con una locomotiva contro un “treno di signori”…».

Ma non era morto? «Lo raccolsero che ancora respirava…».

«No, era sopravvissuto. Me ne parlò anche “Il Pensionato”, il mio anziano vicino di casa in via Paolo Fabbri a Bologna. L’eroe della Locomotiva si chiamava Pietro Rigosi. Ora vorrebbero dedicargli la piazza della stazione di Poggio Renatico, da cui era partito; ma di questi tempi la vedo dura. A Lucca non hanno voluto dedicare una strada a Sandro Pertini…».

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