Panatta: «Ormai Djokovic teme Sinner. Con Jannik stiamo a posto per dieci anni»

Al CorSera: «Io quella di oggi non la chiamo Davis, la chiamo Coppa Lucilla. È troppo diversa dalla mia Davis, senza nulla togliere all’impresa di Malaga»

Panatta Sinner Djokovic tennis tennisti

Italy's Jannik Sinner (R) greets Serbia's Novak Djokovic after winning the second men's singles semifinal tennis match between Italy and Serbia of the Davis Cup tennis tournament at the Martin Carpena sportshall, in Malaga on November 25, 2023. (Photo by JORGE GUERRERO / AFP)

Panatta: «Ormai Djokovic teme Sinner. Con Jannik stiamo a posto per dieci anni»

L’Italia ha vinto la Coppa Davis dopo 43 anni. Grazie a Sinner, Arnaldi, Musetti, Sonego, il capitano Volandri, tutto lo staff che tra polemiche ed elogi è riuscita a superare sfide impossibili. Basti pensare al singolo della semifinale tra Djokovic e Sinner, o al singolo in finale di Arnaldi. Un’impresa che rende orgogliosi anche chi 43 anni fa quella coppa la alzato. Era un torneo diverso, un contesto diverso e un tennis diverso. Lo dice anche Panatta, uno dei protagonisti nel ’76, al Corriere della Sera:

«Adesso mancano Roma e Parigi e poi siamo a posto. A me fa solo piacere, non conosco la parola invidia. Mi odierei da solo se avessi un sentimento di gelosia nei confronti di questi ragazzi. Io ho fatto quello che dovevo fare quasi cinquant’anni fa, adesso tocca ai giovani, come è giusto che sia. Ma ti pare che non dovrei essere contento? Sono felice».

Sulla coppa c’è la firma soprattutto di Sinner:
«Jannik ormai è arrivato a un millimetro da Djokovic, oggi giocano alla pari. Annullare tre match point è un’impresa nell’impresa, la prossima volta Jannik partirà con un vantaggio: il serbo lo teme. La prima palla match in semifinale l’ha sbagliata per mancanza di coraggio. È molto significativo questo dettaglio»

Panatta sulla Coppa Davis del presente:
«Io quella di oggi non la chiamo Davis: nelle telefonate scherzose con Paolo Bertolucci, l’amico di una vita, la chiamo Coppa Lucilla. Passatemi la battuta: è troppo diversa dalla mia Davis, senza nulla togliere all’impresa di Malaga. È cambiato tutto. Il contesto sociale nel quale partimmo per il Cile di Pinochet, scortati dalla polizia, era molto particolare. Era tutto diverso: la politica, la società, il sistema di comunicazione. La Rai non venne a Santiago, i match non furono trasmessi in diretta, c’era solo Mario Giobbe che faceva la radio: i brandelli di video finiti dentro Una Squadra, il docu-film di Procacci, li realizzò un amatore. Mi aveva regalato una pizza del girato, chissà dove l’ho messa…».

Sinner è la rivoluzione del tennis italiano? La risposta di Panatta:
«Con Jannik stiamo a posto per dieci anni».

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