All’Avvenire: «Quando in Verona-Cagliari l’arbitro Bernardis non fischiò il rigore ci avventammo su di lui alzandolo da terra. Mi toccò prendermi tutte le colpe, fui squalificato»

Il quotidiano Avvenire intervista oggi “Bonimba”, Roberto Boninsegna che il 13 novembre festeggerà 80m anni con una lunga carrellata sulla sua carriera nel mondo del calcio. Tanti racconti e aneddoti fin da quando militava nelle fila dell’oratorio con gli “Invincibili”
Poi Boninsegna parla dei suoi anni al Cagliari
«Un giorno Gianni Brera scrisse di me chiamandomi “Bonin-Bagonghi”. Bagonghi era il nano agile del Circo Togni. Mi vedeva nano ed ero più alto di lui, ma al tempo stesso elogiava la mia agilità e il mio senso del gol. Scrivono 163. ma in realtà sono 168, perché 5 gol me li hanno tolti. Persi anche un titolo di capocannoniere. Oggi con il Var non accadrebbe. Era il ’74, a Cesena tiro una punizione e la palla entra, ma c’è una deviazione della barriera: autorete. Invece sarebbe stato il mio 24° gol. Restai a 23 e con 24 il titolo di capocannoniere andò a Chinaglia che quell’anno vinse anche lo scudetto con la Lazio. Ma in carscudetto con la Lazio. Ma in carriera ho fatto gol a tutti. Anche con la mano e non mi vergogno a dirlo, perché va bene la lealtà dell’uomo, ma il calcio è un gioco in cui anche un pizzico di sana furbizia non guasta. E poi forse farla franca una volta tanto, è il giusto riscatto per tutti i gol che gli arbitri annullano o i rigori negati a un bomber.. Anche sui rigori, scrivono che ne ho segnati 19 di fila, ma a dirla tutta erano stati 20: l’arbitro Michelotti a un minuto dalla fine sospese Roma-Inter per invasione di campo e io quel giorno avevo trasformato il 20°».
E Boninsegna passa in rassegna la sua squalifica e il passaggio dall’Inter e alla Juve
«Giocavo a Varese con il Cagliari. Eravamo primi in classifica e stavamo perdendo 2-1. Un dfensore del Varese buttò il pallone in angolo colpendo la palla di pugno in tuffo, come se fosse lui il portiere. L’arbitro Bernardis non fischiò il rigore e allora ci avventammo tutti su di lui alzandolo un metro da terra. Io certo non mi ero tirato indietro, ma alla fine mi toccò prendermi tutte le colpe. Quella squalifica mi costò gli Europei del ’68 e Valcareggi convocò Pietro Anastasi, poi io andai al suo posto ai Mondiali in Messico. La vera “staffetta” è stata la nostra mica quella Mazzola-Rivera. Dopo io e Pietro siamo stati anche le pedine di scambio nell’affare Juve-Inter… Mi diedero del “traditore”, ma quando mai, io sarei rimasto all’Inter a vita… Ero al mare e stavo mangiando con mia moglie, quando mi arrivò la telefonata del presidente Fraizzoli: “Bobo ti devo dare una notizia, ti abbiamo venduto alla Juventus”. Domandai se stava scherzando… Era vero, mia moglie si ricorda ancora che ero bianco come un cencio e non riuscivo a parlare. Mi chiese: “Roberto per caso è morto qualcuno?”. Alla Juve ho segnato e vinto ancora (due scudetti, il terzo personale e una Coppa Uefa), ma il mio cuore è rimasto sempre interista. L’Inter però non mi ha mai cercato. Massimo Moratti aveva richiamato tanti della vecchia guardia ma a me no, forse mi ha sempre associato a quel funesto Mantova-Inter del ‘67… Il compianto Gigi Simoni mi raccontò che quando allenava l’Inter lui metteva le multe ai giocatori e Moratti glie le toglieva…» – sorride – e allora poi capisci tante cose».