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Lobotka: «A Napoli le regole sulla precedenza in auto non valgono: passa chi arriva prima»

A Forbes: «Devo ancora abituarmi a come guidano. E per gli appuntamenti hanno tempo, non hanno fretta, non sono stressati».

Lobotka: «A Napoli le regole sulla precedenza in auto non valgono: passa chi arriva prima»
Mg Verona 15/08/2022 - campionato di calcio serie A / Hellas Verona-Napoli / foto Matteo Gribaudi/Image Sport nella foto: esultanza gol Stanislav Lobotka

A metà giugno, all’indomani della conquista dello scudetto con Luciano Spalletti, il centrocampista del Napoli, Stanislav Lobotka, ha rilasciato una lunga intervista a Forbes. In essa Lobotka parla anche delle abitudini e della mentalità napoletana. Quando gli è stato chiesto cosa gli piace di più della mentalità italiana e a cosa si sta abituando, Lobotka ha parlato del modo in cui guidano i napoletani.

«Devo ancora abituarmi al modo in cui guidano lì. Napoli o ti piace o non ti piace, non c’è via di mezzo. C’è più sterrato, ad esempio sulle strade, il traffico non è l’ideale, ma in compenso mi piace la mentalità, sono amichevoli, quindi modesti. C’è del cibo eccellente, cosa posso fare? Hai Capri, le isole, il mare…».

Lobotka ha raccontato cosa succede quando a Napoli si dà un orario per un appuntamento.

«Quando ci si incontra alle cinque bisogna chiedere se è l’ora normale o l’ora napoletana. Ci vogliono dai dieci ai quindici minuti. Ci sono abituato, solo che a volte me lo dimentico. Sono pronto alle cinque e scrivo: come va? Hanno tempo, non hanno fretta, non sono stressati. Voglio dire, solo al volante… Ma da come guidano, non ho visto un incidente stradale grave lì. Gli viene insegnato così, a loro non si applicano le regole come dare la precedenza a destra: va chi arriva prima».

Lobotka e la proverbiale superstizione dei napoletani.

«Ad esempio, quando passa a qualcuno una saliera, devi prima metterla sul tavolo e poi lasciare che qualcun altro possa prenderla. Non passa di mano in mano, porta sfortuna. Me lo fece notare un amico una volta quando gli dissi: dammelo normalmente…».

Lobotka ed il modo in cui investe i soldi che guadagna.

«Investo circa il 15-20% del mio reddito in fondi di investimento per rendere il denaro redditizio, è anche la mia ‘pensione’ dopo la mia carriera calcistica. Ne investo una parte in immobili in Slovacchia e all’estero” Anche in Italia? “Piuttosto in Spagna, alle Isole Canarie».

Ha investito anche nel calcio, in un club di Podbrezová, che milita nella massima competizione slovacca.

«Conoscevo già Vladimír Soták, presidente del club e comproprietario del club, nonché il direttore generale del club Mir Poliacek. Mi hanno convinto con la loro strategia, la filosofia, con quale allenatore e come vogliono giocare e dove muoversi nel calcio. Sottolineano, ad esempio, che il club può guadagnare dai trasferimenti dei giocatori ma vogliono concentrarsi anche sulla formazione dei giocatori slovacchi. Mi è piaciuto tutto. Mi sono consultato anche con l’agente e con altre persone, e anche loro hanno pensato che fosse una buona cosa».

C’è spazio anche per il racconto dei festeggiamenti per lo scudetto.

«I festeggiamenti sono stati bellissimi, è difficile descriverli a parole, devi provare qualcosa del genere. I napoletani sono noti per il fatto che per loro il calcio è tutto. Forse i festeggiamenti continuano anche adesso (l’intervista è di metà giugno, ndr) e credo che dureranno una settimana circa. Non sono ancora finiti. È stato fantastico, abbiamo apprezzato tutti l’atmosfera. Almeno mi hanno lasciato la biancheria intima…».

Nei media italiani vi chiamavano una squadra di alieni… Lobotka:

«…ti sembro un alieno? (ride) Non so se siamo stati la migliore squadra della storia. Il titolo lo abbiamo vinto, certo, e lo abbiamo vinto con margine, ma d’altra parte, anche quando Marek Hamsík ha giocato lì, hanno fatto novantuno punti in una stagionee comunque non hanno vinto, anche se hanno giocato un bellissimo calcio. Ce l’abbiamo fatta, ma non so se siamo stati i migliori. Siamo stati anche fortunati, alcune squadre forti hanno vacillato contro avversari diversi e ce l’abbiamo fatta. Se vuoi diventare un maestro, devi avere anche un po’ di fortuna. E quando non la avevamo, sapevamo come portarlo dalla nostra parte. Ma se dicono che eravamo alieni forse è perché nessuno parlava di noi come candidati al titolo all’inizio della stagione».

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