La Roma è una squadra di figurine di una fragilità estrema (Messaggero)
Ha giocatori di grande qualità ma in carriera non hanno mai garantito continuità e adesso sembrano impauriti dagli infortuni

Db Genova 28/09/2023 - campionato di calcio serie A / Genoa-Roma / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Jose’ Mourinho
Il ko a Marassi della Roma è rimasto nei pensieri di Mourinho il cui rapporto con la tifoseria e l’ambiente giallorosso inizia ad incrinarsi. Il Messaggero scrive che lo Special One, dopo la sconfitta per 4-1 contro il Genoa di Gilardino, sia andato direttamente a Trigoria, per rivedere gli errori della partita.
L’allenatore portoghese sembra allo stesso tempo il problema e la soluzione della Roma:
“La Roma è ferma a Budapest. Nella testa di Mourinho che non perde occasione per ricordarlo e che anche dopo un ko deprimente come quello contro il Genoa, mette davanti il suo ego a quanto sta accadendo“.
Di riflesso anche la squadra sembra ferma a quella notte. I ragazzi di Mou sembrano svuotati, senza un’idea di gioco in testa e per di più impauriti:
“La Roma ad esempio continua a perdere calciatori per noie muscolari: ultimo della serie Llorente (rischia uno stop di due settimane). Sono 11 dall’inizio del campionato ma per Mou «gli infortuni li hanno tutti». Vero, non però con questa frequenza e non tutti o quasi per problematiche al flessore. La manovra è involuta e prevedibile. La squadra è lunga, sfilacciata come se ogni reparto pensasse a se stesso“.
L’unico modo per uscire da questa minicrisi è proprio affidarsi al portoghese che, nel silenzio mediatico della dirigenza, è l’unico ancora capace di tenere insieme la baracca. Tuttavia per molti tifosi inizia ad essere il vero problema della squadra. Come se il terzo anno di Mourinho fosse stregato da una maledizione. È successo al Chelsea e al Manchester United.
Secondo il Messaggero però i problemi risalgono a questa estate, a “come è stata costruita la squadra“. La Roma ha collezionato “in ruoli chiave figurine di grande qualità ma di una fragilità estrema che in carriera non hanno mai garantito un minimo di continuità e che adesso o non giocano oppure lo fanno «al ritmo della paura» (di farsi male)“.