Tomaselli racconta della tesi di laurea di Farioli, dal titolo «Filosofia del Gioco. L’estetica del calcio e il ruolo del portiere».
“Nel suo elaborato per l’università di Firenze, facoltà di filosofia, corso di estetica, Farioli scrive cose come questa: «Il sogno è il calcio sottratto all’idiozia calcistica, alla volgarità degli italioti, alla corruzione e all’inquinamento che minacciano di soffocarlo: un calcio concepito in armonia con altre attività, modalità e sfere dell’esistenza, ricondotto nuovamente alla sua fonte originaria, al suo essere gioco carico di avventura e al piacere provato dai bambini»”.
Tomaselli scrive:
“Non c’è da stupirsi, perché il percorso dell’ex tecnico dei portieri del Sassuolo di De Zerbi, prima all’accademia Aspire di Doha, poi nel triennio in Turchia nel suo felice debutto da capo allenatore, in Italia non sarebbe stato possibile per regolamento: all’età in cui Farioli si è seduto per la prima volta in panchina (32 anni) da noi si può iniziare il corso per il patentino Uefa Pro. Ma al di là della precocità e dell’amore per l’avventura lontano da casa, FF è poco italiano anche nel suo approccio al gioco, nella sua voglia di attaccare, di divertirsi e divertire. Tutto sommato lo è anche nell’empatia con i calciatori, che lo seguono e gli danno fiducia anche se non è mai stato un calciatore professionista e a 21 anni cominciava ad allenare i portieri in Toscana”.
Farioli non è un mago della panchina ma è uno che crede davvero nel calcio come divertimento.
“È uno che crede davvero nel calcio come divertimento e costruzione di un gruppo che può fare risultati senza perdere lo spirito: un sognatore coi piedi per terra, senza narcisismi e senza nemmeno l’atteggiamento da filosofo del pallone, che a volte caratterizza gli allenatori che non hanno mai giocato”.
In Turchia le sue idee e il suo approccio hanno attecchito subito: prima al Karamguruk e poi all’Alanyspor. Ora è al Nizza. A Sky ha detto:
«Siamo in un tourbillon di emozioni. La società vuole migliorarsi, noi vogliamo portare gente allo stadio. Il calendario è un regalo di benvenuto, molto stimolante. Dante? Da quando ho 21 anni ho sempre avuto giocatori più grandi e più esperti di me. L’importante è essere credibili e essere onesti nella comunicazione».
Di Farioli scrive anche la Gazzetta dello Sport.
“Il suo ultimo Alanyaspor aveva statistiche simili per possesso, occasioni, passaggi, vicinissimi al Napoli scudettato. Le influenze risalgono anche al Sudamerica – Diniz con il Fluminense è un osservato speciale – ma pure a… Hegel e Darwin. Farioli è laureato in filosofia, e nel suo caso non è un semplice pezzo di carta appeso al muro. Fa parte del suo bagaglio di allenatore. «Hegel insegna: “Parti da una tesi, gli giri intorno con una antitesi, e quel che viene fuori è una sintesi arricchita”. I maestri ispirano, ma poi devi metterci del tuo»”.
Ieri, in conferenza stampa, ha spiegato:
«Il desiderio è essere una squadra che voglia comandare il gioco, controllare la partita con il possesso, ma anche con efficacia, creare opportunità con una fase di possesso fatta di idee e connessioni. È un’idea di calcio che vuole aiutare i giocatori a creare relazioni, perché i giocatori sono al centro del progetto».
Ad aiutarlo, ancora la filosofia:
«L’evoluzione della specie avviene come risultato di caso e necessità, proprio come nel calcio. Nella lotta per la vita, si salvano le specie che sono più abili ad adattarsi alle circostanze e alle necessità che via via si presentano».
Farioli ha aggiunto:
«Io rappresento la categoria degli ultimi, non ci possiamo permettere rilassamenti, se andiamo a 999 c’è qualcuno che ci mangia».