Stich: «I tennisti di oggi si lamentano dei social, ma postano pure quello mangiano»

L'altra leggenda del tennis tedesco: «Che rimpianto la mia finale al Roland Garros, pensai di poter vincere e persi per questo"

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Michael Stich ha un solo grosso, enorme rimpianto: “Non me ne frega molto della mia carriera. Ma quando ci penso, devo dire: la finale di Parigi è stata la peggiore sconfitta sportiva per me. Sarei potuto essere uno dei pochi a vincere Wimbledon sull’erba e Parigi sulla terra. Questo avrebbe significato molto per me. Anche Kafelnikov non era necessariamente il miglior giocatore quel giorno. Ho fallito un po’ a causa della mia psiche. Prima della partita ero nello spogliatoio e pensavo: amico, puoi davvero essere il primo tedesco a vincere in 60 anni. Quel breve pensiero da solo è stato in parte responsabile del fatto che ho perso. Ho condotto contro Kafelnikov con un break nel primo set, con un doppio break nel secondo, con un break nel terzo… e ho perso in tre set. Ciò dice che non è stato a causa del tennis”.

Stich è stato l’altra faccia di Becker. L’altro mostro del tennis tedesco. Ha vinto 18 titoli negli anni ’90, incluso Wimbledon nel 1991, proprio contro Becker. Nel 1993 ha vinto i Masters, a Francoforte. Ha giocato la finale degli Us Open nel 1994 e del Roland Garros nel 1996. E quella resta il suo rimpianto. Lo racconta intervistato dalla Süddeutsche Zeitung. Un’intervista nella quale parla molto dell’aspetto mentale del tennis.

“Gli Slam sono una enorme sfida mentale. Devi trovare il tuo ritmo internamente. Le routine aiutano. Quell’anno andai nello stesso ristorante con amici 13 giorni su 14, in uno giapponese. Tutte le sere ci sedevamo allo stesso tavolo. Ho mangiato la stessa cosa ogni sera. Devi sentirti a tuo agio nella tua pelle in uno Slam. Devi accettare qualunque cosa ti capiti. E questo è molto. Devi trovare periodi di riposo ed essere ancora parte del torneo. È un processo molto complesso”.

Penso che con il mio gioco completo, a tutto campo, oggi avrei le stesse possibilità di allora. Avete visto Struff a Madrid, che un gioco del genere può ancora funzionare sulla terra battuta. È stato l’unico a giocare molto vicino alla linea di fondo. La maggior parte sta tre metri dietro la linea di fondo. Alcaraz non sapeva come gestirlo. Era tatticamente al suo meglio. Mi piacerebbe vederlo più spesso nei giocatori di oggi. Raramente vedo un piano B”.

“Ho amato il mio tempo. Oggi i giocatori hanno cure mediche molto migliori, le strutture sono cambiate. Sono felice per loro. Per quanto riguarda i social media, sono contento di non giocare in questo periodo. Ma una cosa è chiara, però: non c’è bisogno di stare sui social media. I giocatori che si lamentano dei media e cose del genere, ma hanno un account con milioni di follower e pubblicano ogni giorno cosa mangiano e dove sono in spiaggia, faccio fatica a capirli. Se non va bene per me, allora semplicemente non lo faccio”.

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