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Manzini: «Di Rocco Schiavone dà fastidio il suo senso critico, molto più delle canne»

Lo scrittore intervistato da Repubblica: «C’è stato un poliziotto così, morì di overdose. Giallini ha messo il suo dolore nel personaggio»

Manzini: «Di Rocco Schiavone dà fastidio il suo senso critico, molto più delle canne»
Mc Roma 31/03/2023 - photocall fiction Rai Tv ‘Rocco Schiavone’ / foto Mario Cartelli/Image nella foto: Marco Giallini

Rocco Schiavone è giunto alla quinta serie. La serie tv che non piace al centrodestra è stata presentata ieri. Repubblica intervista Antonio Manzini lo scrittore che ha creato il personaggio del vicequestore interpretato da Marco Giallini.

Una delle principali polemiche riguarda l’uso della marijuana che fa Schiavone nella serie tv.

«Siamo nel 2023 e penso che il fumo sia un falso problema. Il problema vero è che nei libri ho prediletto l’aspetto sociale, per mettere il lettore e lo spettatore di fronte al bivio: che strada prenderesti? Rocco pensa, sceglie, obbliga ad avere un senso critico, questo dà più fastidio. Non è tanto la canna, sarebbe pretestuoso. Per tante malattie viene data come medicinale».

Molti si chiedono se possa esistere un vicequestore così.

«C’è stato un eroe della Squadra mobile, noto come il Gabbiano: un grande poliziotto, eccezionale nel suo lavoro ma nella vita privata era un disastro, è morto di overdose nella sua macchina. L’etica e la morale sono due treni che si incrociano male. Rocco ha problemi, la bellezza è che non si vergogna di dire la verità. Molti di noi non la dicono».

Schiavone è amico della malinconia.

«Malinconia struggente. Ma usiamo la parola giusta: è depressione. Rocco è un depresso cronico che non si cura. Farebbe bene a farlo ma non vuole ammetterlo, come tante persone. Depresso io? Che sono pazzo?».

Giallini cosa dà al personaggio?

«Ci ha messo il suo dolore, quasi scontato dirlo. Quando è stato scelto, sia io che il produttore Rosario Rinaldo, che è in Rai, riflettevamo: c’è una somiglianza troppo profonda tra il suo personaggio e la vita privata di Marco. Ha perso la moglie, ha messo a disposizione il suo vissuto e gliene sarò sempre grato. Non saprei dire se stia recitando in certe scene, ha dato
molto, oltre alla faccia e al corpo».

Poi c’è la romanità.

«Cinico di natura e smaliziato, ti chiedi: Rocco in cosa crede? Nell’amicizia, nei valori: la giustizia, crede nelle cose serie. Le sciocchezze generano la sua rabbia».

Di fondo è un anarchico.

«È un uomo che lavora in polizia allergico alla gerarchia. Ma non dimentichiamo che nasce bandito per strada a Trastevere».

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