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Voglio anch’io l’immunità diplomatica da ultras: libertà di devastazione in nome del sacro pallone

Studenti in piazza? Cariche dei celerini. Gli operai fanno la barricata? Ecco gli idranti. Arrivi su un barcone? Neanche a parlarne. Ma se sei tifoso, la polizia ti “accompagna” in giro per le città

Voglio anch’io l’immunità diplomatica da ultras: libertà di devastazione in nome del sacro pallone

Sulle carte d’identità d’un tempo, quelle sgualcite nel portafogli, c’era indicata la professione. Per molti era “operaio” di default, pure se zappavi la terra. Era un biglietto da visita per i posti di blocco: il carabiniere, all’atto di squadrarti, veniva facilitato nell’assecondare il suo pregiudizio. “Ah, fa il giornalista… scenda un po'”. Giornalista non suona mai bene, ai posti di blocco. Oggi, ancora usasse, ci autocertificheremmo “ultrà”. “Tifoso” no, troppo soft. Al tifoso semplice non viene garantita per Costituzione ufficiosa la liberta d’azione, l’impunità che essere ultras invece assicura.

“Ah, ultrà? E dov’è domiciliato?”
“In zona franca”
“Prego, può andare. Vuole che la scortiamo? Che le chiamiamo un bus di linea a sua completa disposizione?”

Dopo le devastazioni di ieri, l’immancabile processo a posteriori – di cui il capolavoro: la riunione del Comitato per l’ordine e la sicurezza convocato “d’urgenza” DOPO gli scontri, a hooligans già rimpatriati – è già alle arringhe difensive. Il Prefetto di Napoli ha detto che quegli energumeni erano privati cittadini tedeschi, gente che aveva legittimamente prenotato un albergo sul lungomare. E mica “puoi sequestrare in hotel un cittadino tedesco”… Certo “non è possibile vietare alle persone di girare per la città”. Per “buonsenso” (parole sue) la polizia ha “accompagnato” (sempre parole sue) i tifosi dell’Eintracht nel loro tour della città. Era più sicuro.

Quindi se un giorno Ciro e 299 amici suoi organizzano una gita ad Ascoli Piceno e sfilano per la cittadina bloccando strade e viottoli, cantando “Ascoli, Ascoli, vaffanculo”, brandendo qua e là mazze e sampietrini, dobbiamo presupporre che la polizia li scorti fino a cena. Magari facendo anche una pausa in albergo per una pennichella. E che gli vuoi dire a Ciro e alle centinaia di amici suoi? Sono comuni cittadini, e le Marche sono Area Schengen.

Poiché gli italiani sono sempre quelli del dito e mai della luna, tutto il dibattito dei giorni scorsi verteva sulla capacità o meno delle istituzioni italiane di mettere in sicurezza una città dall’ennesima calata di barbari. E al contempo di “proteggere” il diritto dei suddetti a fare il loro mestiere: tifare, “fare casino”, offendere, provocare, devastare e picchiare persone quanto basta.

Si badi bene che questa non è una forzatura. L’Italia del 2023 è un posto che lascia sfogare i suoi cattivi ragazzi in autostrada, a farsi l’agguato in carreggiata bloccando la principale arteria del Paese al rientro dalle vacanze. Vanno contenuti, ma che gli ultras facciano gli ultras è dato per scontato. E’ un fatto inevitabile, per sovrastruttura concettuale. Alcuni la chiamano, con un certo sprezzo del pericolo, “cultura”.

La presunta inoffensività dei professionisti del tifo più o meno organizzato, o almeno la percezione di essa, è alla base della strategia del controllo della devianza. La Digos frena, non reprime. La polizia irregimenta. E’ una gestione quasi montessoriana. Ogni tanto ci scappa il morto, ma è statisticamente irrilevante sul lungo periodo.

In ogni caso il tesserino da fanatico del pallone è un lasciapassare. Il riconoscimento intrinseco di una nobiltà “sottoculturale” pone l’ultrà non solo al di sopra della legge ma lo promuove anche in una riserva esclusiva che gli invidiano tutti i dissidenti dell’occidente. Gli studenti vanno in piazza? Cariche dei celerini. Gli operai fanno la barricata in centro, ecco gli idranti. Per i rave il Governo decreta d’urgenza. Gli ecologisti che imbrattano i muri vengono processati per direttissima. Gli scafisti vengono inseguiti – così pare – per tutto il globo terracqueo. I tifosi no, la violenza è il loro linguaggio, fa parte della loro “mentalità”. Una sciarpa, un braccio teso, un casco e un’asta in mano: ti si aprono tutte le porte. E se non si aprono puoi sfondarle, nessuno ti dice niente.

E’ paradossale che proprio lo Stato, le forze dell’ordine – per definizione (“ACAB”) i nemici giurati di tutte le curve del mondo – siano i principali garanti di questa immunità di gregge. E’ il bonus 110% del calcio, il rifacimento della facciata: è colpa loro, sì. Ma non pagano mai.

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