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L’unicità del Napoli di Spalletti: è al tempo stesso sia Federer sia Nadal

La singolarità di una squadra che segna gol straordinari, regala giocate sublimi e si batte con una ferocia agonistica fuori dal comune

L’unicità del Napoli di Spalletti: è al tempo stesso sia Federer sia Nadal
Spain's Rafael Nadal (R) is congratulated by Switzerland's Roger Federer after winning their final tennis match of the 2008 Wimbledon championships against at The All England Tennis Club in southwest London, on July 6, 2008. Nadal won 6-4, 6-4, 6-7, 6-7, 9-7. POOL AFP PHOTO / RYAN PIERSE (Photo by RYAN PIERSE / POOL / AFP)

Il Napoli di Spalletti ormai è oltre la vittoria. È sulla strada per diventare un modo di dire, un termine per definire un atteggiamento, un comportamento. Un giorno, chissà, invece di dire “sei famelico”, si dirà “sembri il Napoli di Spalletti”. Che a Torino ha offerto l’ennesima prova di squadra assatanata che non vuole soccombere nemmeno per un quarto d’ora all’interno di una partita che avrebbe finito col vincere per 4-0.

È uno degli aspetti che più colpisce di questa formazione che ha sorpreso tutti, persino il suo allenatore. Gioca ogni frammento di match come se fosse quello della vita, come se fosse in palio la finale di Champions. Ed è questa la caratteristica che da sempre accompagna il tennista Rafael Nadal. Uno che non molla mai. Che non regala un quindici all’avversario neanche sotto tortura, qualsiasi sia il punteggio. Con Nadal non puoi mai pensare di aver fatto il punto. Parafrasando quel che si diceva del rugbista francese Jean-Pierre Rives (osa mettere la testa dove altri non oserebbero mettere il piede), Rafa va a recuperare palline che altri non oserebbero nemmeno immaginare di poter raggiungere e buttare dall’altra parte del campo, magari facendo il punto. Nadal è testimonial mondiale ad honorem contro l’arrendevolezza. È la personificazione dell’essere coriaceo. Un atleta e uno sportivo come ce ne sono e ce ne sono stati pochi.

Ma il Napoli di Spalletti non è soltanto Nadal. Ieri, dal ritiro della Nazionale, due giorni prima di Italia-Inghilterra valevole per le qualificazioni agli Europei, il capitano degli azzurri Giovanni Di Lorenzo ha dichiarato: «Si vede da fuori che oltre al gioco ci divertiamo e questo era così agli Europei – ammette – poi qualche risultato ha portato a perdere questa spensieratezza. Bisogna ritrovare questo e spero di portare questo del Napoli». Portare lo spirito del Napoli in Nazionale. La spensieratezza, divertirsi a giocare. Perché la squadra che ha annientato il campionato italiano porta con sé la singolarità di rappresentare allo stesso tempo sia Nadal sia Roger Federer considerato il manuale vivente del gioco del tennis, la perfezione con la racchetta in mano.

A seconda della situazione, il Napoli si trasforma. È Nadal quando il Torino di Juric prova a metterlo sotto e allora reagisce in maniera furiosa con un pressing offensivo soffocante e a velocità supersonica, come se dal recupero di quel pallone dipendessero i destini del mondo. Ma è la stessa squadra che una settimana fa contro l’Atalanta ha sbloccato il risultato con la perla di Kvaratskhelia che ha ricevuto palla da Osimhen e ha segnato uno dei gol più straordinari e commoventi degli ultimi anni, di cui si è parlato per una settimana intera.

Parliamo di Federer e Nadal se ci riferiamo al tennis, potremmo citare Monzon e Ray Sugar Leonard per gli appassionati di pugilato. Il Napoli è squadra che non esibisce una carica agonistica superiore per compensare lacune tecniche, ma perché ce l’ha nel proprio dna. Così come illumina con squarci di calcio sublime, soprattutto con Kvaratskhelia ma non solo. Insomma siamo lontani dal principio zemaniano “se non c’è qualità, serve quantità”. Il Napoli ha quantità e qualità. E non si stanca mai di esibirle. È una strana fame quella degli azzurri. Hanno fame di spaghetti e di ostriche. Non portano mai in scena lo stesso spartito. È il Napoli di Kim, difensore spietato che vive per strappare la palla al proprio avversario, ed è il Napoli di Lobotka che crea sempre nuove figure geometriche.

Questa squadra è temporalmente erede dei Napoli degli anni scorsi ma ha ben poco in comune con quelle formazioni che invece puntualmente sul più bello si arenavano, si ritrovavano con le gambe tremolanti e il braccino del tennista. Incapaci di affrontare la tensione del momento clou. Questo Napoli è Obelix che si frega le mani al pensiero di poter finalmente picchiare i romani. Come tutti i fuoriclasse, il secondo Napoli di Spalletti si esalta nei momenti importanti. Li cerca, ne ha bisogno. Gli antenati di questo Napoli erano fortissimi col mare calmo, quasi imbattibili. Ma soffrivano terribilmente quando si arrivava di fronte al bivio decisivo. Per chi mastica poco di sport, potrebbe sembrare una questione di poco conto. In realtà è la differenza tra chi scrive la storia e chi no.

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