A Repubblica: «La comparsa degli infortuni viene indicata dalle anomalie osservate in alcuni geni. Bisogna risalire al nostro Dna».

Il Professor Agostino Tucciarone, primario ortopedico, chirurgo e medico dello sport presso l’Icot Latina, ha rilasciato una lunga intervista a Repubblica parlando degli infortuni alle ginocchia dei calciatori. Lo spunto è fornito dal movimento del ginocchio di Federico Chiesa in Juventus-Friburgo, gara di andata degli ottavi di Europa League.
«L’ho visto in televisione. E ho visto una torsione notevole. Premetto che non ho mai visitato il giocatore. E consiglio un bell’articolo scientifico del professor Antonio Giordano, direttore dello “Sbarro Health Research Organization” di Philadelphia, che ha condotto uno studio con un team di ricercatori italiani e con lo staff medico del Napoli calcio. Gli infortuni degli atleti a volte sono scritti nella genetica: la loro comparsa viene indicata dalle anomalie osservate in alcuni geni. Bisogna quindi risalire al nostro Dna. Le lesioni dei legamenti alle ginocchia possono interessare anche un retaggio adolescenziale, quando ancora i giocatori non sono maturi dal punto di vista scheletrico».
Sui tempi di recupero dei calciatori:
«Nessuno guarisce allo stesso modo. Oggi le tecniche chirurgiche sono molto evolute, si sono raggiunti livelli altissimi di precisione nel trattamento non solo dei legamenti, ma anche della periferia: i menischi, le capsule, le cartilagini. Ma bisogna rispettare il percorso biologico di guarigione, un mondo per noi ancora in parte sconosciuto. Se lei prende un’influenza la smaltisce in dieci giorni, io magari in venti. Si chiama risposta di guarigione. Conta anche la collaborazione e la forza di volontà dell’atleta. Esempio facile: Ibrahimovic. Chi dubitava di un suo ritorno in campo, anche a 41 anni? Con quella voglia che ha è capace di spaccare il mondo. E poi c’è il chirurgo, ma non sempre conta la sua fama e la sua bravura: Del Piero nel 1988 fu operato negli Stati Uniti dal professor Richard Steadman, il mago della ricostruzione delle ginocchia. L’operazione non andò bene, ci furono molte complicanze e ci vollero due anni per rivedere in campo il vero Del Piero».
Sulla prassi da seguire per il recupero:
«La guarigione va tutelata e rispettata con un protocollo riabilitativo meno aggressivo: non bisogna stressare l’atleta per ottenere un ritorno in campo in tempi di record. Purtroppo in Italia abbiamo imboccato una strada del recupero breve, molto breve, anzi troppo breve. E secondo me non abbiamo mandato un messaggio positivo. Non è una critica né un pettegolezzo, i dati statistici parlano. Non è questione di tre, quattro o cinque mesi: vanno rispettati i tempi di recupero e di guarigione di ciascun atleta».
Ci si affida a una programmazione?
«Certo. I medici sociali sanno tutto degli atleti delle loro squadre. Li inquadrano subito per poter mettere in essere tutti gli aspetti preventivi. Così, per esempio, sanno quale giocatore è più esposto, quale va tolto immediatamente dal campo, alla prima avvisaglia, perché è a rischio più di altri».
Sulla decisione di Pogba e Wijnaldum di non operarsi dopo gli infortuni:
«Hanno sbagliato. Pogba con un’operazione probabilmente non avrebbe perso il Mondiale. Nella tibia di Wijnaldum andava messo un chiodo e così i tempi di recupero si sarebbero accorciati moltissimo. Un paragone semplice, poco scientifico ma sicuramente molto calzante: ti si scuce un po’ il pantalone, cosa fai? Due punti di cucitura, lo ripari e lo indossi subito. Se invece lo lasci al suo destino, il pantalone non lo puoi mettere. Cosa conviene fare?».