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De Zerbi: «In Ucraina il club ci disse che era solo un gioco di potere ma dal discorso di Putin capii che era solo questione di ore»

Al Messaggero: «La guerra per noi sono i racconti dei nonni e invece me la sono ritrovata davanti, con i suoi orrori. Fatichi a darti una spiegazione. Sprofondi in un incubo».

De Zerbi: «In Ucraina il club ci disse che era solo un gioco di potere ma dal discorso di Putin capii che era solo questione di ore»
Brighton's Italian head coach Roberto De Zerbi arrives for the English Premier League football match between Brighton and Hove Albion and Liverpool at the American Express Community Stadium in Brighton, southern England on January 14, 2023. (Photo by Glyn KIRK / AFP) / RESTRICTED TO EDITORIAL USE. No use with unauthorized audio, video, data, fixture lists, club/league logos or 'live' services. Online in-match use limited to 120 images. An additional 40 images may be used in extra time. No video emulation. Social media in-match use limited to 120 images. An additional 40 images may be used in extra time. No use in betting publications, games or single club/league/player publications. /

L’allenatore del Brighton, Roberto De Zerbi, si è lasciato andare in una lunga intervista al Messaggero dove ha ripercorso la breve esperienza in Ucraina prima di abbandonare il paese in seguito al conflitto con la Russia. Ha preso il posto dell’inglese Graham Potter che ha sposato il progetto miliardario del Chelsea. In sei mesi, con il Brighton è in lizza per la prima e storica partecipazione ad una coppa europea. Di seguito le parole di De Zerbi:

Com’è cambiata la sua vita in tredici mesi?
«L’Ucraina mi ha segnato profondamente. Stavo lavorando ad un grande progetto. Quello Shakhtar, pieno di talenti e di gioventù, era la squadra dei miei sogni. C’erano le premesse per emergere anche a livello internazionale. E’ stato spazzato tutto via dalle bombe. La guerra ha prodotto stupore, smarrimento, disagio. La mia generazione non ha mai fatto i conti con una realtà così cruda. La guerra per noi sono i racconti dei nonni e invece me la sono ritrovata davanti, con i suoi orrori. Fatichi a darti una spiegazione. Sprofondi in un incubo».

Una guerra annunciata, dopo un lungo conto alla rovescia.

«Il club ci disse che era solo un gioco, un braccio di ferro per mostrare i muscoli, ma alla fine non sarebbe successo nulla. Io però seguivo la tv italiana e avevo una percezione diversa. Quando cominciarono a circolare le immagini dei carri armati russi ammassati alle frontiere, temetti il peggio. Il discorso violento di Putin contro l’Ucraina mi fece capire che lo scoppio della guerra era questione di ore. Lasciai la casa alle sei del pomeriggio e insieme allo staff mi trasferii nell’albergo che ci ospitò fino al giorno in cui abbandonammo il paese».

Come si torna al lavoro dopo un’esperienza come questa?

«L’idea iniziale fu quella di stare fermo e aspettare, nella speranza che il conflitto finisse e il calcio in Ucraina potesse ripartire. Ad aprile arrivarono alcune proposte, ma ero scarico. In estate avvertii la voglia di ricominciare. E’ maturata questa opportunità al Brighton e l’ho presa al volo. La squadra mi piaceva, anche se concettualmente lontana dalle mie idee. Ho trovato un ottimo impianto di gioco perché Potter è stato bravo. Ho cercato piano piano di sviluppare il mio calcio e la cosa sta funzionando, grazie alla disponibilità del gruppo. Il nucleo storico, composto da Dunk, Lallana, Welbeck, Gross e March, è fondamentale. Considero Dunk, il capitano, tra i cinque migliori difensori centrali d’Europa. Poi ci sono i talenti, come Caicedo, MacAllister, Mitoma e Ferguson. In porta ho dato fiducia a Steele. Mi dispiace per Sanchez, ma Steele è più adatto al mio calcio».

 

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