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«Garrincha credeva più nei guaritori che nei dottori. Era una persona speciale»

José Ufarte ad As: «Era sconcertante. Aveva una velocità insolita. Nessun difensore riusciva mai a fermarlo».

«Garrincha credeva più nei guaritori che nei dottori. Era una persona speciale»

Su As un’intervista a José Ufarte. E’ stato una stella del Flamenco prima di diventare una leggenda dell’Atlético, con cui ha vinto tre campionati e due coppe. Soprannominato “O Espanhol”, ricorda gli anni passati con Garrincha e Pelé. Al Flamengo è rimasto da quando aveva 15 anni fino ai 23, quando poi è passato all’Atlético dopo un prestito al Corinthians per nove mesi.

Ufarte parla di Garrincha.

«Ero un suo fan totale. Sono andato alla squadra di Rio de Janeiro, che tra l’altro era piena di campioni del mondo, ed è stato convocato anche lui. Quando sono arrivato in albergo, mi ha detto: “Preparati a giocare, perché devo andare a farmi vedere il ginocchio dalla rezadora”. Credeva più nel guaritore che nei dottori! Era una persona speciale, senza dubbio, e poi sono stato fortunato ad averlo qui a Madrid perché è venuto con sua moglie, che era un’artista di samba e si esibiva sulla Gran Vía, e l’ho portato un giorno ad allenarsi con l’Atlético di Madrid. Era a casa mia, ho avuto una grande amicizia con lui. Anche con Pelé, ma meno. Anche se ogni volta che veniva a Madrid ci chiamavamo per andare a mangiare e così via. Ho un grande affetto per il popolo del Brasile perché mi ha trattato meravigliosamente. In effetti, ho sposato una brasiliana».

Chi ti ha dato più grattacapi? Garrincha o Pelé?

«Entrambi! Sono stati i migliori. Pelé è stato completissimo, ha dominato tutto. Garrincha era sconcertante. Aveva una velocità insolita. In quindici metri scattavo e nessuno lo prendeva. Si metteva di fronte ai difensori e tutti sapevano cosa avrebbe fatto… ma nessuno riusciva a fermarlo».

Ufarte parla del Flamengo, di cui si è sempre detto che è il club più popolare del Brasile.

«Ed è vero. È il più amato del paese, il più grande. È un club che gioca con 50 milioni di tifosi alle spalle, più della popolazione della Spagna. Il nostro campo era così piccolo che quasi sempre dovevamo giocare al Maracanà. Abbiamo giocato una finale di campionato contro il Fluminense davanti a 185.000 spettatori. Record mondiale. È stato stupefacente. . Non so come non ci sia stata una grande disgrazia, perché poteva esserci un problema serio».

Il calcio brasiliano ha perso slancio perché non riesce a trattenere i giovani talenti, o almeno così sembra dall’altra parte dello stagno.

«È così. Sempre più giovani vengono in Europa. I bambini perdono i loro riferimenti. Vinicius, appunto del Flamengo, o Rodrygo arrivò a 18 anni. Ai miei tempi, il miglior calcio del pianeta si giocava in Brasile, ma di gran lunga. Oggi questi bambini non hanno il tempo di vedere da vicino gli adulti perché lasciano subito il Paese. Dal 1950, nonostante il Maracanazo, al 1970, il Brasile è stato il migliore del mondo».

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