Raspadori raccontato dai primi allenatori: «Ci servivano 12 gol per vincere. Ne fece sei, più sei assist»
Su Sportweek: «Gli dissi: fai giocare pure gli altri». «A 9 anni segnò un gol su calcio d'angolo sotto l'acquazzone, in un campo a cinque, con le porte piccole. Fu incredibile».

Ci Napoli 10/09/2022 - campionato di calcio serie A / Napoli-Spezia / foto Carmelo Imbesi/Image Sport nella foto: esultanza gol Giacomo Raspadori
Su Sportweek uno speciale sull’attaccante del Napoli, Giacomo Raspadori. Dal gol segnato su calcio d’angolo a 9 anni («su un campo zuppo d’acqua, roba che neanche i grandi») ai 100 fatti in una stagione, passando per tutti gli assist serviti ai compagni. Fino all’arrivo a Sassuolo. Insomma, Raspadori raccontato dai suoi primi allenatori.
A nove anni Raspadori segnò un gol su calcio d’angolo, sotto la pioggia battente. Sportweek lo racconta:
“Piove a dirotto, le scarpette dei bambini sono nere di fango. I piccoli dribblano le pozzanghere, ma i tacchetti affondano nel terreno. Sugli spalti i genitori si guardano preoccupati sotto gli ombrelli. Siamo a maggio, è il 2009: il Progresso Calcio ha organizzato il solito Torneo Tassi. Si affrontano tutte le società della provincia di Bologna. In
finale nella categoria Pulcini ci è arrivato il club di Castel Maggiore. Un ragazzino di nove anni bassino e veloce sta provando a fare la differenza. La partita è bloccata sull’1-1, la palla non ne vuole sapere di entrare. Dopo un tiro deviato dal portiere, il numero dieci si avvia verso la bandierina. Gira lo sguardo alla panchina: «Posso provarci?»,
l’allenatore annuisce. Parte col sinistro: è gol. Tutti corrono ad abbracciarlo, gli avversari faticano a credere ci sia riuscito davvero”.
Quel bambino era ovviamente Raspadori e il suo allenatore era Aldo Tolomelli, che racconta l’episodio al settimanale della Gazzetta dello Sport.
«Se per un adulto è complicato segnare così, figuriamoci per un bambino. Sotto l’acquazzone, in un campo a cinque, con le porte piccole. È stato incredibile. In un’altra competizione arrivati all’ultima partita, avevamo la differenza reti a sfavore. Ci servivano 12 gol per vincere. Gli dissi di far giocare anche gli altri. Segnò 6 reti e servì 6 assist».
Nel 2010 il suo allenatore, al Progresso, era Francesco Filippini, che racconta:
«Se l’allenamento era alle 14 mezz’ora prima lo trovavo a bordo campo che portava cinesini e conetti. Gli dicevo di lasciare perdere, lui ripeteva che era contento di aiutarmi. Giocavamo a sette. Lo schieravo sulla fascia destra. Superava tutti, ma spesso arrivava col pallone sul fondo senza riuscire a concretizzare. Allora decisi di spostarlo in
mezzo al campo, così sarebbe arrivato dritto in porta. Gli ripetevo sempre che doveva difendere. Probabilmente, era l’unico punto debole».
La prima tifosa di Raspadori è stata sua nonna Elva, che non perdeva un allenamento di Jack e del fratello Enrico, entrambi al Progresso (il fratello è più grande di tre anni). Nonno Giorgio, invece, accompagnava Giacomo a Reggio Emilia nei primi mesi dopo il trasferimento al Sassuolo. Uno dei migliori amici di Giacomo, da sempre, è Davide De Lucca: sono stati vicini di casa, compagni di classe e anche di squadra, al Progresso. Poi Davide è passato al Bologna (ora è in Eccellenza) e Giacomo al Sassuolo.
«Con nonna Elva contavamo le reti in partita, più ne segnavamo e più pacchetti di figurine ci comprava».
A scoprirlo, per il Sassuolo, fu Christian Papa, allora responsabile dell’attività di base del Sassuolo, oggi allenatore dell’Under 18 della Fiorentina. Notò Giacomo durante un allenamento del fratello: era lui, in realtà, che era andato ad osservare.
«La differenza d’età pesava. Classe ’97, prima punta forte fisicamente. Lo seguivamo da un po’. Durante uno dei suoi provini, notammo un bambino bassino di quasi 10 anni che palleggiava dietro la tribuna. Ci chiedevamo chi fosse, era Jack. Insieme a Gianni Soli, direttore tecnico delle giovanili, andammo a vederlo al Progresso. Ci bastò una partita per scegliere, li prendemmo entrambi».
Continua:
«L’ossessione per il lavoro è stata la sua fortuna. Si fermava col fratello per migliorare il piede debole. Ora gioca e
segna con destro e sinistro».