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Il 5-1 del Napoli alla Juventus è figlio dell’abisso di competenza e visione che c’è tra i due club

Kvaratskhelia è stato pagato 10 milioni, Bremer 50. De Laurentiis ha smontato lo storytelling sul Nord capace e produttivo. Tratto dal Corrmezz

Il 5-1 del Napoli alla Juventus è figlio dell’abisso di competenza e visione che c’è tra i due club
Ci Napoli 13/01/2023 - campionato di calcio serie A / Napoli-Juventus / foto Carmelo Imbesi/Image Sport nella foto: esultanza gol Khvicha Kvaratskhelia

(tratto dal Corriere del Mezzogiorno del 15 gennaio 2023)

Il 5-1 di venerdì sera non è stata una lezione di calcio riservata alla sola Juventus. È stata una dimostrazione a tutto il campionato, come conferma il modo in cui il Milan è entrato in campo ieri sera a Lecce. È come se i rossoneri fossero stati traumatizzati dalla visione della partita. Hanno ricordato il Napoli di Sarri che a Firenze perse lo scudetto in albergo. Stavolta in albergo il Milan ha perso due punti, perché alla fine è riuscito a recuperare i due gol subiti a Lecce nei primi 23 minuti. Ora il Napoli, a una giornata dalla fine del girone d’andata, ha nove punti di vantaggio sui rossoneri secondi in classifica. Somiglia molto a una resa senza condizioni.

L’altra sera il Napoli ha offerto una dimostrazione di tecnica, tattica e fame agonistica che ha vinto le resistenze non solo della squadra di Allegri ma di tutta la Serie A. Una resa senza condizioni. È come se i calciatori di Pioli si fossero guardati negli occhi e avessero compreso che contro questo Napoli non c’è niente da fare. Ed è vero, la squadra di Spalletti è di gran lunga la squadra più attrezzata e competitiva del calcio italiano. Per una serie di ragioni che puntualmente vengono rimosse perché estranee alla grottesca narrazione che da sempre accompagna il Napoli. Lo storytelling per cui la Juventus incarnerebbe il Nord produttivo e imprenditoriale, e il Napoli ovviamente la confusione organizzata, l’estro indissolubilmente legato alla discontinuità. La realtà è tutt’altra ma è dura scardinare la narrazione, un po’ per l’evidente disparità di forze editoriali tra Nord e Sud e un po’ per l’autolesionismo che da sempre contraddistingue il racconto napoletano del Napoli.

Tra Napoli e Juventus ha vinto innanzitutto la società più forte. Più al passo con i tempi. Più capace. Più competente. Meglio organizzata. È grazie a questa organizzazione aziendale se il Napoli venerdì sera ha schierato Kvaratskhelia che è stato pagato dieci milioni, mentre al centro della difesa bianconera si stagliava per la sua inadeguatezza il brasiliano Bremer per cui i bianconeri hanno versato 50 milioni nelle casse del Torino di Cairo. Alle radici del 5-1 c’è una disparità di competenza, di professionalità (per usare il termine inviso a Nanni Moretti). Il Napoli è un’azienda certamente snella, secondo alcuni troppo, ma quel modello funziona. Con i 50 milioni spesi per Bremer, il club di De Laurentiis ha acquistato Kvara, Lobotka ed Elmas, e gliene sono avanzati cinque (di milioni).

L’acquisto principale della Juventus è stato Dusan Vlahovic preso lo scorso gennaio dalla Fiorentina. Un’operazione complessiva di cento milioni, 75 ai viola di Commisso più altre commissioni e l’ingaggio. Cento milioni per il calciatore che sarebbe dovuto essere il fiore all’occhiello bianconero dei prossimi cinque anni. In questa stagione è un oggetto misterioso, si è perso tra l’incomprensione del gioco di Allegri e la pubalgia. Osimhen, invece, è stato pagato 50 milioni, escludendo i tre della Primavera, e in tre anni ha giocato 65 partite e segnato 36 gol. È il capocannoniere del campionato, il leader del Napoli e il calciatore più forte della Serie A.

Si chiama visione imprenditoriale. Il Napoli ne ha più della Juventus, del Milan e dell’Inter. All’estero, quando si occupano del calcio italiano, parlano soprattutto del Napoli. Ieri il New York Times ha scritto che Osimhen e Kvaratskhelia sono con ogni probabilità la coppia d’attacco più devastante d’Europa. Non c’è giorno che l’acquisto del georgiano non sia celebrato su qualche quotidiano straniero, l’ultimo è stato Le Parisien che si chiedeva, quasi incredulo, come fosse possibile che i grandi club si fossero fatti sfuggire un calciatore del genere.

Ora a tutto questo noi possiamo rispondere con i riti scaramantici, le polemiche da cortile che continuano a spuntare alle prime difficoltà, vedi il chiacchiericcio che ha accompagnato Kvaratskhelia dopo la rapina, oppure la panzana della preparazione atletica sbagliata dopo la sconfitta contro l’Inter. Oppure, e sarebbe una rivoluzione, si potrebbe reagire prendendo atto che il Napoli di Aurelio De Laurentiis è una grande realtà calcistica italiana ed europea (sta andando forte anche a Bari), organizzata con canoni aziendali al passo con i tempi, la dimostrazione che l’imprenditoria non esiste soltanto al Nord. Andarne fieri. E chissà, magari cominciare a prenderne esempio. A partire dalle istituzioni. Ci rendiamo conto, per tanti napoletani sarebbe un sacrificio insopportabile.

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