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La Juventus e le plusvalenze: l’ennesimo capitolo del capitalismo oscuro degli Agnelli

Protagonisti un capitalismo di Stato, familistico, tranne rare eccezioni. L’inchiesta Prisma non è che l’ultimo episodio

La Juventus e le plusvalenze: l’ennesimo capitolo del capitalismo oscuro degli Agnelli
Db Torino 30/05/2017 - partita del cuore / Nazionale Cantanti-Campioni della Ricerca / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Andrea Agnelli-John Elkann

Fabio Paratici, Luciano Moggi e poi dirigenti e membri del Consiglio d’amministrazione della Vecchia Signora. Altro che la squadra più amata dagli italiani, il medagliere che colleziona più trofei. Questa Juventus, specchio fedele della famiglia che l’ha governata, nutrita, portata negli stadi più prestigiosi del mondo, è l’altra faccia oscura del capitalismo italiano.

I suoi tifosi e sostenitori, racconteranno che la Fiat per l’Italia è stata l’azienda che più di altre ha segnato lo sviluppo economico del Paese. Ed è vero. Ha giocato sulle luci della ribalta accese da un sistema politico che ha creato un silenzioso patto di “scambio”. La Fiat creava stabilimenti in Sicilia, in Campania, in Basilicata, negli anni Settanta e Ottanta, assumendo migliaia e migliaia di disoccupati, in cambio lo Stato finanziava questo “sviluppo” familistico. O gli “regalava” gli impianti, come l’Alfasud di Pomigliano d’Arco.

Uno “scambio” che ritroviamo in questa ultima inchiesta penale della Procura della repubblica. Si compravano e vendevano giocatori senza far circolare moneta cash ma solo per alterare i bilanci di esercizio (2019, 2020, 2021) della società calcistica.
La famiglia Agnelli aveva gruppi dirigenti forti, ma li alternava anche a corsari della finanza e non solo. Si è trattato di sfortuna se accanto ai Vittorio Valletta, Cesare Romiti e Sergio Marchionni, ad avere in mano le redini dell’asset pubblicitario più importante del gruppo industriale italiano, la Juventus, sono finiti amministratori molto poco lungimiranti, come Luciano Moggi e Fabio Paratici?

Calciopoli e l’affare delle plusvalenze segnano il lato oscuro del capitalismo italiano. Che se vai a vedere l’essenza di questa filosofia che ha guidato i trionfi e la vita della Vecchia signora, è sempre stata la “manipolazione del mercato”. La Fiat, negli anni dell’austerity, della crisi del petrolio, della recessione, ha retto grazie ai finanziamenti pubblici. La Juventus ha fronteggiato la pandemia e le operazioni alla Higuain e Ronaldo, con “artifizi” contabili e finanziari.

Colpiscono le conclusioni della Procura federale della Federazione italiana gioco calcio (Figc) la cui gestione negli anni del procuratore Chinè è sembrata molto opaca, incapace di brillare di luce propria.

Chiedendo la riapertura del processo per le plusvalenze – la Corte federale d’appello si riunirà il 20 gennaio per decidere sull’ammissibilità del ricorso -, facendo propri i giudizi della Procura di Torino, Chinè è arrivato a queste conclusioni:

“Il contesto che emerge (dall’inchiesta ‘Prisma’ della procura di Torino, ndr) è quello di un modus operandi sistematico, attraverso il quale i dirigenti della Juve intenzionalmente programmavano e concludevano operazioni di scambio di diritti con altre squadre, italiane o estere, al solo fine di creare plusvalenze, secondo importi prestabiliti e programmati che nulla avevano a che vedere con una concreta valutazione del bene compravenduto, tali da determinare valori non veridici del bilancio. Le contestazioni disciplinari trovano conforto probatorio attraverso i nuovi elementi sopravvenuti”.

Oggi la Juve è un cantiere in costruzione. La nuova architettura societaria, le scelte di nuovi gruppi dirigenti hanno avuto un primo momento con il nuovo Consiglio di amministrazione. Gli spifferi che arrivano da Torino, lasciano intendere che John Elkann voglia vendere lo “sfizio” dell’avvocato, del nonno Gianni Agnelli.

La verità è che questa volta, nonostante la strenua difesa e professione di innocenza, la posizione processuale della società Juventus e dei suoi dirigenti e amministratori è molto compromessa. Andrea Agnelli, presidente della Juventus, “parla liberamente” con suo cugino John Elkann, Ceo di Exor, la società azionista di maggioranza della Juventus, “ammettendo tranquillamente che il problema della società è stato l’eccessivo ricorso allo strumento delle plusvalenze, dimostrando tra l’altro come tutti l’assetto societario, anche ai livelli più alti, ne sia a conoscenza”.

E Federico Cherubini, che ha condiviso con Paratici la responsabilità della compravendita dei giocatori, ammette onestamente: «Abbiamo sostenuto, pompato quel meccanismo, sostenendoli con quelle operazioni di scambio. E’ stata una cosa che se ci penso adesso dico: “ma come mai non ci siamo fermati prima?”».

I nuovi “elementi probatori sopravventi” di cui parla il procuratore Chinè sono le intercettazioni ambientali e tali, le mail, gli allegati, i documenti sequestrati agli indagati. “Le fonti di prova – si legge nell’atto di richiesta della procura federale di riapertura del processo per le plusvalenze – provenienti direttamente dalla dirigenza Juventus dimostrano incontrovertibilmente che la Juve sottoscriveva delle variazioni di tesseramento e i relativi accordi di cessione, indicando in tutti un corrispettivo superiore al reale, al fine di contabilizzare plusvalenze fittizie, nonché di immobilizzazioni immateriali di valore superiore al massimo consentito dalle norme che regolano i criteri di formazione dei bilanci delle società di capitali, in quanto vi era la medesima intenzionalità e consapevolezza in capo alla società sportiva contraddittrice contrattuale che, a propria volta, si avvantaggia a degli stessi benefici della Juventus”.

Quando si dice classe dirigente modello da esportare. Sapevamo già delle società coinvolte nelle plusvalenze juventine, all’epoca prosciolte e oggi di nuovo sulla graticola, dalle carte della procura di Torino. Oggi le carte degli inquirenti della giustizia sportiva racconta che il lavoro della Consob (e della Procura della repubblica), l’autorità ispettiva del mercato e della Borsa, “dimostra come gli scambi non sono stati l’esito di trattative svolte in un libero mercato bensì lo strumento utilizzato per raggiungere risultati economico-finanziari pianificati a budget e finalizzati a incidere illegittimamente sui bilanci di entrambe le società coinvolte nello scambio”.

Insomma la Juve poteva contare su altre società calcistiche solidali nel commettere reati. Dalle indagini della procura della repubblica sono emersi elementi da verificare (le procure competenti hanno ricevuto stralci delle indagini) che coinvolgono la Sampdoria, il Genoa, la ProVercelli, il Parma, Pisa, Empoli, Novara e Pescara. Fuori dalle indagini il Napoli e il Chievo.

Attenzione a quel sentimento diffuso tra i tifosi-difensori della Juventus, che si appellano a quelle poche righe con le quali il Tribunale federale archiviò il processo sulle plusvalenze: “Indubbiamente tali cessioni destavano e destano sospetti, che tuttavia non attinge la soglia della ragionevole certezza, data da indizi gravi, concordanti e plurimi”. E ancora: “Il Tribunale ritiene che non esista o sia concretamente irrealizzabile il metodo di valutazione del valore del corrispettivo di cessione/acquisizione delle prestazioni sportive di un calciatore. In assenza di una disposizione generale regolatrice, le cessioni oggetto del deferimento stesso non possono costituire illecito disciplinare”.

Si illudono di dormire sogni tranquilli, i tifosi della Juve. Per loro, una doccia fredda aperta dalla Procura federale: “Oggi sono stati acquisiti numerosi nuovi e ulteriori indizi gravi, precisi e concordanti idonei a modificare le decisioni finali”.

Siamo arrivati addirittura a definire gli scambi funzionali alle plusvalenze tra Juve e le squadre complici “a prescindere dall’individuazione stessa del soggetto da scambiare, spesso neanche indicato, se non con una semplice X”. “Lo scambio dei calciatori non era dettato da ragioni tecniche (che non è proibito dalla legge) ma era intenzionalmente finalizzato a creare predeterminati ricavi e corrispondenti costi capitalizzati da iscrivere a bilancio”.

Fa un certo effetto ascoltare le intercettazioni ambientali e telefoniche dei dirigenti e amministratori della Juventus. Parlano di “gestione malsana delle plusvalenze”, Stefano Bertola e Vincenzo Ampolo. Marco Giovanni Renconfessa a Roberto Turati: “La cosa devastante del Covid e che comunque ha falciato o ha scoppiato la bolla che si era creata in questi ultimi anni sui valori dei calciatori. E questo ti ha ingolfato e hai grossi ammortamenti che a livello contabile ti danno anche fastidio”.

Un esempio, prosegue Re: “Ma tu pensa uno come Arthur che per farti la plusvalenza Pjanic hai pagato 75 milioni, adesso ti deve andare anche sotto i ferri. Cioè era palese no? Adesso te lo porti avanti per 4 anni”.

Consob, procura federale, procura della repubblica e Fifa. Ma qualcuno griderà al complotto? Qualche timido segnale comincia a manifestarsi tra il popolo sbandato della Juve. Aspettano la ripresa del campionato, sperando che tutto questo sia stato solo un brutto incubo.

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