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Arnautovic: «Io e Balotelli due bambini. Ora sono cambiato e anche lui»

A Sportweek: «Rimpiango la disciplina che non ho avuto. A darmela ci hanno provato tutti. Ho sbagliato sempre io»

Arnautovic: «Io e Balotelli due bambini. Ora sono cambiato e anche lui»
Mg Bologna 27/04/2022 - campionato di calcio serie A / Bologna-Inter / foto Matteo Gribaudi/Image Sport nella foto: Marko Arnautovic

Su Sportweek, settimanale della Gazzetta dello Sport, una lunga intervista all’attaccante del Bologna, Marko Arnautovic. A 33 anni è un uomo risolto e un centravanti decisivo, ma il percorso per arrivare fin qui è stato lungo.

E cos’è rimasto del ragazzo che dieci o dodici anni fa ne faceva di tutti i colori?

«Ogni tanto viene fuori, soprattutto in campo. Lì rimango più aggressivo. Ma ripeto: sono diverso. Prima, la sera volevo sempre uscire, facevo cazzate, combinavo casini… Adesso sono sempre a casa, non mi vedrai mai fuori».

Hai detto una volta: “Devo tenere me stesso sotto controllo”. Ti riesce facile o ti costa fatica? Arnautovic risponde:

«Adesso è facile. Prima no. Prima facevo quello mi passava per la testa. Dalla bocca mi usciva di tutto, senza pensarci. Dalle mie parti si dice: meglio pensare dieci volte prima di dire una cosa. Invece io dicevo dieci cose e pensavo una volta. Ora è il contrario».

E in passato perché ti comportavi in una certa maniera? Eri solo molto giovane, o anche molto arrabbiato?

«Pensavo che solo mio padre e mia madre possono dirmi cosa fare. Gli altri no. Soprattutto nel calcio. Se un allenatore mi rimproverava, se mi urlava addirittura, rispondevo: tu non sei mio padre. Ora capisco che il calcio è il mio lavoro, mi pagano bene per farlo, quindi ho il dovere di ascoltare il mio allenatore, il direttore sportivo, il presidente. Anche i compagni: se sbaglio qualcosa e non vedo l’errore, ma loro sì e me lo fanno notare, devo accettarlo e non attaccarli come facevo: “Oh, ma chi sei, che cazzo vuoi?”. Una volta c’era solo Marko Arnautovic. Pensavo a me stesso e non agli altri. Anche all’Inter, non potevi parlare con me: credevo di essere il migliore, il numero uno. Ho sbagliato, completamente. E questo mi ha fregato. Me lo dicono tutti: la tua carriera poteva essere migliore. È vero, se dieci anni fa fossi stato quello che sono oggi».

Balotelli ha detto: “Marko è il più folle che ho conosciuto”.

“È il contrario. Facevamo scherzi e dispetti ai compagni tutti i giorni. Come i bambini, veramente. Lui di più. Sfrecciava in via Montenapoleone col macchinone per farsi vedere. Lui davanti, io dietro. E i ragazzi e le ragazze, quando lo vedevano per strada: “Uuuuuhhh, Mario, Mario!” (emette una specie di ruggito). Anche lui pensava di essere il più forte di tutti. Pure lui è cambiato. Ci sentiamo spesso”.

Ad Arnautovic viene chiesto se ha dei rimpianti.

«Rimpiango la disciplina che non ho avuto. A darmela ci hanno provato tutti. Ho sbagliato sempre io. Mourinho mi ha aiutato tanto, ma per sei mesi anche a lui ripetevo: tu non puoi darmi ordini non sei mio padre. È stato David Moyes al West Ham a cambiarmi la vita. Mi ha spostato di ruolo, da esterno a centravanti, e mi ha detto: “Ti metto davanti, ma devi difendere insieme alla squadra”. “Io non difendo”. “Se non difendi, non giochi”. Mi sono sacrificato a difendere per due o tre mesi, dopo lui è tornato da me e ha detto: “Adesso puoi restare fermo lì davanti. Gli altri lavoreranno per te. In cambio, mi devi fare gol o servire l’assist”. Sì, Moyes mi ha cambiato nella testa».

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