A La Stampa: «Veronesi mi notò mentre cantavo ad una festa. Mi propose “I Laureati”. Non gli sarò mai abbastanza grato. Sono diventato attore grazie alla fortuna».

Su La Stampa un’intervista a Rocco Papaleo. L’attore ha appena inaugurato la prima scuola di recitazione della Basilicata, sua terra d’origine. Ne parla.
«È ciò di cui questa regione aveva bisogno. All’epoca me ne andai via perché di occasioni non ce n’erano, ora spero che questa scuola regali ai ragazzi la possibilità di fermarsi qui più a lungo».
Papaleo racconta che Veronesi lo scoprì mentre cantava.
«Ero a una festa su una terrazza e stavo suonando la mia canzoncina Torna a casa foca quando Giovanni Veronesi mi
notò. Mi combinò un appuntamento con lui al residence Prati, dove Leonardo Pieraccioni abitava. Appena entro, mi allunga una sceneggiatura e mi dice: “Vai a casa a leggerla e dammi una risposta”. Io replico: “Non è che ho tutti questi copioni che mi aspettano. Questo ho e questo faccio”. Era I laureati. Non gli sarò mai abbastanza grato».
Era già divertente a scuola?
«Ero un perdigiorno ma simpatico, quello che faceva ridere tutti. All’università, se il professore di Fisica 2 sentiva che l’attenzione generale calava, mi faceva una domanda. Era una sorta di convenzione tra noi. Sapeva che avrei detto una cazzata, alleggerendo la noia».
Papaleo ammette che non avrebbe mai pensato di fare l’attore. Tutto capitò per un colpo di fortuna.
«In realtà mai avrei pensato di fare l’attore. Ci sono arrivato grazie a numerosi colpi di fortuna, il primo nell’84. Una mia amica fraterna mi iscrisse a una scuola di recitazione senza dirmelo. La retta mensile costava 100 mila lire, insostenibile per me. Ebbi però la fortuna di essere arruolato dalla direttrice nel suo spettacolo, il che mi dava il diritto di frequentare gratis. Così riuscii a finirla».
Del suo esordio cinematografico, «Il male oscuro» di Monicelli, che cosa ricorda?
«Che lui non lo vidi mai. Venni preso dall’aiuto regista per la parte di uno che gridava nella tromba delle scale, solo che la scena era girata in casa. Dentro c’erano Monicelli e Giancarlo Giannini ma io nemmeno salii. Arrivai sotto, cacciai un urlo e me ne andai».
Per Si vive una volta sola Verdone disse che aveva scelto lei perché è un poeta. Lusingato? Papaleo risponde:
«Lo ringrazio. Carlo è sempre stato un mio idolo, lo trovo irresistibile. Gli volevo bene prima ancora di conoscerlo. Nelle scene con lui ho dovuto fare sforzi enormi per non ridere. È rarissimo che un mattatore assegni a un altro il ruolo più divertente del film, lui invece l’ha fatto. L’ho trovato un gesto di grande generosità».