Il giornale tedesco gli dedica un approfondimento nel giorno dell’addio. In patria non gli hanno mai perdonato gli scandali, al Bayern (con Robben) ha plasmato un’era
La Süddeutsche saluta Franck Ribéry dopo l’annuncio dell’addio al calcio giocato. E scrive che è come se si fosse ritirato un calciatore tedesco: il Kaiser – soprannome non casuale, a questo punto – era ed è più amato in Germania, dove con Robben ha dato spettacolo per un paio di lustri, che in Francia.
Il giornale tedesco, nel giorno dell’addio, ripercorre alcune tappe della carriera di Ribéry. E comincia dal 2006, dalla finale di Coppa del Mondo che i francesi persero contro l’Italia. «Apparentemente – scrive la Süddeutsche – era la Nazionale di Zinédine Zidane. Alle spalle di Zidane, però, c’era la vera e propria sorpresa del Mondiale: un giovane esterno». Ribéry aveva forse attirato l’attenzione di tutti – tedeschi, italiani, francesi – più per la vistosa cicatrice sul volto che gli è valsa l’appellativo di Scarface che per le giocate, che però erano già strabilianti. La Süddeutsche lo appella così: «un calciatore da strada». E Ribéry in effetti era un ragazzino della classe operaia. Un ragazzino della classe operaia che si concesse il lusso di far ammattire Roberto Carlos nei quarti di finale del Campionato del Mondo. Cose che non si dimenticano facilmente. Specie perché non troppo tempo prima, poco più che maggiorenne, Ribéry aveva abbandonato brevemente il calcio, iniziando a lavorare in cantiere con suo padre Francois per ripagare i debiti che aveva accumulato negli anni.
Poi, la lunga militanza al Bayern. La Süddeutsche parte dalla seconda giornata del campionato 2007/2008. Che definisce «una pietra miliare della storia della Bundes». Due gol di Ribéry, di cui uno scavetto su rigore, e 4-0 al Werder Brema, l’allora più credibile rivale dei bavaresi. Segnarono anche Toni e Altintop. Il gol al settantanovesimo – partito da una giocata sensazionale di Ribéry su Schulz, che sta ancora cercando il pallone – è passato agli almanacchi. E da quel pomeriggio, Scarface conobbe la notorietà in tutta la Germania. Per il Bayern era l’inizio di una nuova era: la Süddeutsche scrive delle capriole di Klose, dei gol di Toni, dei dribbling di Ribéry: contava lo spettacolo e i bavaresi non avrebbero potuto scegliere uno showman migliore del francese, con la sua storia un po’ tragica, che ha sempre giocato per la gioia di giocare. Per il divertimento, insomma. Poi fu il coinvolgimento del «perfezionista Robben» – visto che il divertimento da solo non era sufficiente – a rendere quella squadra quasi imbattibile.
Al Bayern Ribéry s’è sentito a casa. I tifosi hanno goduto per le sue giocate. Ma è stato anche perdonato per ogni cosa, per ogni comportamento sopra le righe: dai cartellini rossi (a partire da quello in semifinale di Champions contro il Lione, 2010) agli scandali fuori dal campo, dall’accusa di aver avuto rapporti sessuali con una escort minorenne alla bistecca d’oro dal valore di 1300 euro che gli è costata più di qualche critica. Sono cose che invece in Francia non gli hanno mai perdonato.
A proposito di Robben, infine: i due – secondo la Süddeutsche – non andavano d’accordissimo. Il loro approccio al calcio e alla vita era completamente diverso. Ma entrambi sapevano che solo assieme potevano fare grandi cose e – perché no – plasmare un’era. Che si è chiusa a maggio 2019. Segnarono entrambi. Robben si ritirò subito (il tentativo a Groningen non merita menzione), Filou non ha potuto fare a meno di continuare: ha giocato ancora da capitano, prima a Firenze e poi a Salerno. Ora, anche lui è costretto all’addio. Salut Filou, conclude il giornale tedesco.