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Iniesta: «È vero, noi calciatori non siamo poveri, ma il calcio richiede un pedaggio mentale»

A El Pais: «Quello che vive un calciatore, dal punto di vista mentale, è usurante. Io debole? Lo sarei su un ring, se facessi boxe, ma sul campo non mi sono mai sentito debole».

Iniesta: «È vero, noi calciatori non siamo poveri, ma il calcio richiede un pedaggio mentale»

El Pais intervista l’ex centrocampista leggenda del Barcellona, Andrès Iniesta. Recentemente ha raccontato la sua depressione. Nel 2020 si è rotto il tendine del retto femorale destro, è finito su una sedia a rotelle. Operato e disorientato da una disavventura che lo ha posto nel dilemma della ricostruzione della gamba o del ritiro forzato dal calcio professionistico, il giocatore più amato della storia della Spagna ha deciso di tornare a giocare per il Vissel Kobe, in Giappone.

I grandi palleggiatori sono di solito muscolarmente potenti: Vinicius, Ronaldinho, Maradona, Messi… Il segreto del tuo dribbling è anche nella mente?

«Non sono mai stato potente. Mi considero un giocatore intuitivo, bravo ad anticipare ciò che può accadere».

Sei sempre stato in grado di percorrere più di dieci chilometri a partita a un ritmo incredibile e di prendere decisioni valide senza commettere errori. Ma il cliché dice che sei fisicamente debole. Ti senti fragile? Iniesta risponde:

«Sarei debole se salissi su un ring e iniziassi a fare boxe. Ma su un campo di calcio non mi sono mai considerato debole».

Hai raccontato che quando hai saputo che il tendine si era rotto hai provato una sensazione di panico. Hai intenzione di smettere di giocare?

«Ho provato il panico per due motivi: la paura della sala operatoria e quella di non recuperare per giocare. Pensavo: cacchio! Se non va bene, che brutto finale! Lo dicevo prima: voglio ritirarmi sul campo».

I muscoli si rigenerano dopo un infortunio, anche la mente si riprende completamente dalla sofferenza?

«Quello che vive un calciatore, dal punto di vista mentale è usurante. Non voglio che questo sia frainteso: non siamo poveri, ci sono molte cose peggiori, ma la professione di un calciatore richiede un pedaggio mentale».

 

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