ilNapolista

Il film “Dante” di Pupi Avati scritto da Boccaccio

La rilettura riscrive la sua versione dantesca con qualche zoppicatura storica evidente che però non ne inficia il valore letterario e linguistico

Il film “Dante” di Pupi Avati scritto da Boccaccio

Il film “Dante” di Pupi Avati – da pochi giorni al cinema – ha un soggettista d’eccezione, quel Boccaccio che si fece copista, propalatore ma soprattutto estensore di una vita dell’Alighieri che egli proclamava Maestro “dal qual io / tengo ogni ben, se nullo in me sen pos” (Amor. Vis. VI 2-3). Ma la rilettura dell’Avati – autore della sceneggiatura e regista – pur seguendo la filigrana boccaccesca riscrive la sua versione dantesca sub specie poetica con qualche zoppicatura storica evidente, che però non ne inficia il valore letterario e linguistico del Nostro; che sembra essere la maggiore preoccupazione del regista bolognese.

La storia: “nel 1350, divenuto esponente indiscusso e autorevole della cultura fiorentina e stimato profondo conoscitore di D., al Boccaccio era stato affidato dalla Compagnia di Or San Michele l’incarico di consegnare in Ravenna a suor Beatrice, figlia di D., dieci fiorini d’oro a titolo di omaggio e di risarcimento simbolico della confisca dei beni decretata ormai quasi mezzo secolo prima dal comune fiorentino ai danni del poeta esule (gesto riparatore sollecitato probabilmente dallo stesso B., consigliere autorevole di quella Compagnia)”.

Mentre esegue la pietosa e riparatrice ambascia Boccaccio (Sergio Castellitto) narra la vita e le opere di Dante (Alessandro Sperduti) aiutandosi con gli incontri che ha sul suo cammino di sei giorni verso Ravenna. Ne viene fuori una cosmogonia dantesca che parte dalla fulminazione infantile per Beatrice (al secolo Portinari; Carlotta Gamba) che si fa asse portante della sua vita: perché alla fine di tutti i disii c’è Dio. E quindi l’incontro con l’Abate di Vallombrosa (Alessandro Haber), quello con Donato degli Albanzan (Enrico Lo Verso), etc… E la vita di Dante si snocciola: dall’incontro con Guido Cavalcanti (Romano Reggiani) che fu anche suo compagno d’armi nella guerra contro gli Aretini. Eppoi il matrimonio di Beatrice con Simone de’ Bardi (Rino Rodio), ma che non spezza il legame con la donna che l’aveva salutato per la prima volta. Poi la sua elezione a Priore dei Bianchi e lo scontro con l’amico Guido, fino al duro contrasto con il Papa Bonifacio VIII (Leopoldo Mastelloni) che lo dichiara eretico ed il suo esilio “tu proverai si come sa di sale lo pane altrui e come è duro calle lo scendere e ‘l salir per l’atrui scale”.

Ma ad Avati più che la Storia della vita di Dante interessa la sua ferma convinzione a scrivere una storia delle storie: ed in questo Dante è supportato dalla più completa disperazione. Non divenne un poeta laureato l’Alighieri – solo nel 1973 in Firenze ottenne la pubblicazione ed una pubblica lettura (sempre Boccaccio) – ma quel ragazzo che si fece speziale per far mangiare sua moglie Gemma Donati ed i suoi tre figli guadagnò il Paradiso dei letterati ed una lingua che ci ha fondati e che ci portiamo dietro – anche se implicitamente – ancora oggi.

ilnapolista © riproduzione riservata