A La Stampa: «Ogni mattina a Roma si muove un milione e mezzo di persone. Stiamo tutti lì in macchina, ore e ore sul lungo Tevere a bestemmiare».
Su La Stampa un’intervista all’attore Marco Giallini. Dice che la sua vera dote è l’umanità.
«Il cuore, l’umanità, quella cosa per cui la gente mi ferma per strada e mi dice “’a Giallì ma sei rimasto lo stesso? ” e io ogni volta rispondo “ma che domanda è? So’ gli altri che mi vedono diverso, io so sempre questo”. Uno che non si è messo la corazza, ma forse è un difetto, almeno in un mondo come quello del cinema, in cui tutti se la mettono. Anche in un momento come questo, il mio merito è non avere corazze».
Dal 17 novembre sarà nelle sale “Il principe di Roma”, di Edoardo Falcone, film ambientato nella Roma del 1829. A Giallini viene chiesto di dire come vede oggi la Capitale.
«Roma è morta, non c’è più niente, solo l’ego, la persona che pensa unicamente a farsi la foto e metterla sui social. Ci hanno fottuto».
Continua:
«La vedo priva di umanità, siamo tanti, ho letto da qualche parte che a Roma, ogni mattina, si muove un milione e mezzo di persone, stiamo tutti lì in macchina, ore e ore sul lungo Tevere a bestemmiare. Ripenso ai tempi di mio padre, che era nato a Casal Bertone, ricordo che passava per le vie di Trastevere e i signori, seduti fuori sulle sedie a chiacchierare, si alzavano, e dicevano “buongiorno”, insomma, ci si salutava. Sono cresciuto tra la Nomentana, il
Nuovo Salario e San Basilio, non posso dimenticare personaggi come “il bombolaro”, ogni quartiere era come un
grosso paese e quello che vedevo io, da ragazzino, era molto più bello di quello che vedo oggi. Già nel ’56 Gassman diceva che Roma era morta, figuriamoci adesso. Certo, i problemi c’erano anche allora, le differenze tra le classi sociali esistevano eccome, io ho sempre mangiato, non sono mai stato povero, ma ho comprato i primi jeans in età adulta e mio padre è morto di fatica, l’hanno ammazzato a poco a poco».
Quali sono gli attori che hanno incarnato meglio la romanità?
«Alberto Sordi, certo, è il più grande di tutti, e poi Manfredi, Aldo Fabrizi, dimenticato troppo presto, era un vero ribelle, e Vittorio Gassman, anche se, paradossalmente, era nato a Genova, certe sue battute nel Sorpasso sono inarrivabili».
Per lei che cos’è la romanità?
«Non so, oggi non posso dire di conoscere i romani, o almeno ne conosco svariati tipi, quelli coi soldi, quelli senza una lira, quelli borghesi poco… La romanità è pure l’alzata di voce di un amico, e l’abitudine di strillare non mi piace per niente».