A Il Fatto: «Ho recitato in circa 40 film, più le serie tv e gli spettacoli: la metà di tutto questo non lo vedrei mai da spettatore».
Il Fatto Quotidiano intervista l’attore e comico Bebo Storti. Ha iniziato in televisione con “Su la testa!” e “Mai dire Gol”. Tra i suoi personaggi più famosi ci sono il Conte Uguccione, Alfio Muschio, Thomas Prostata e Adelmo Stecchetti. Ha partecipato ad oltre 40 produzioni tra cinema e tv. E’ al cinema con il suo ultimo film, “Quasi orfano”.
Si definisce un collezionista seriale.
«Ho tutti gli album della Panini, quelli dei calciatori; poi ho 2.600 libri, di ogni genere, sono onnivoro; adesso sto leggendo il Compendium maleficarum di Guaccio, poi ho tanta politica; alcuni sono preziosi. Tipo una raccolta dei resoconti dei servizi segreti di Venezia e Trieste: ci sono riportati tutti i progressi nelle indagini sulle persone attenzionate».
Per i ruoli che interpreta riceve spesso querele.
«Di continuo, ma ho dei bravi avvocati; oltre alle querele mi chiamano per minacciarmi, soprattutto per la questione dell’amianto. Mi hanno minacciato davanti a dei cantieri dove temevo ci fosse dell’amianto; quando hanno provato a inseguirmi ho aperto il bagagliaio e urlato: “Ho il cric pezzo di merda”. È andata bene».
Ha mai avuto timore fisico?
«Forse un paio di volte, ma ho un carattere di merda; sono leggendario per il mio caratteraccio e tutti i miei amici ripetono da anni la stessa frase: “Se lo avessi più mite oggi avresti una casa di produzione a Hollywood”».
Storti dice che non rivedrebbe mai da spettatore almeno la metà dei film o spettacoli in cui ha lavorato.
«Ho recitato in circa quaranta film, più le serie tv e gli spettacoli: almeno la metà di tutto questo non lo vedrei mai da spettatore».
Com’era a scuola?
«Mandavo affanculo tutti, salvavo la professoressa d’italiano, figlia di uno degli ultimi grandi traduttori di Omero: grazie a lei ho iniziato a leggere Seneca e Terenzio. Ed ero alle medie. Sono stato sospeso trenta giorni; ero appena tornato dopo una lunghissima malattia e la docente di matematica aveva deciso di interrogarmi. A quel punto ho manifestato il mio disappunto e lei, come risposta, mi ha tirato addosso un libro. L’ho raccolto, mirato e presa in faccia».
Parla di suo padre:
«Era un fascista della XMas. Era un tipo strano: vendeva macchine da scrivere e allo stesso tempo portava avanti la carriera da cantante lirico. Ha sempre sostenuto le mie scelte politiche; mi obbligava solo a leggere un libro al mese; forse non era neanche fascista, chi è artista non può esserlo».
Per la carriera a cosa ha rinunciato?
«A un cazzo. Anzi, forse alla libertà di un lungo viaggio: non ho mai avuto abbastanza soldi per mollare e stare via cinque anni. Sarei andato per prima cosa a Las Vegas: avrei giocato a poker per dei mesi».