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Salvatore Esposito nei panni di un giornalista contro il potere

“L’eroe” di Cristiano Anania. Si scontra col direttore e finisce in un giornale della Basilicata ma anche qui sarà protagonista di un intreccio ambiguo

Salvatore Esposito nei panni di un giornalista contro il potere

Tra poco su Sky andrà in onda l’ultimo film – “Rosanero”- che vede come protagonista il 36enne attore partenopeo Salvatore Esposito, che chi scrive ritiene essere uno degli attori italiani più interessanti della sua generazione. Ma prima di tuffarci nella nuova visione abbiamo scelto – complice Netflix dove si può vedere – di recensire “L’eroe” un film ante lockdown, opera prima del giovane regista Cristiano Anania, che è passato un po’ sotto silenzio, ma pur nelle ristrettezze economiche nella sua realizzazione. ha in sé motivi di interesse. Giorgio Pollini (Salvatore Esposito) è un giornalista che per una sua inchiesta si scontra con il potere ed il direttore del suo giornale (Paolo Sassanelli) è costretto ad esiliarlo al “Corriere del Centro”, giornale provinciale di una Basilicata estrema, “perché la verità a volte è pericolosa”.

Qui unico redattore dell’organo di stampa cerca di rifarsi una nuova vita, frustrato anche da continui dinieghi editoriali ad un suo romanzo. Una laureanda in Comunicazione Marta (Marta Gastini) gli chiede di rintracciare nell’archivio cartaceo della pubblicazione degli articoli che gli serviranno per la tesi: Marta aiuta in parrocchia ed ha nei confronti del suo coetaneo Francesco (uno straordinario Vincenzo Nemolato), un trentenne disabile che è rimasto bambino dentro, un sentimento di protezione.

Giorgio fa la conoscenza professionale anche della proprietaria delle cantine Guidi, Giulia (Cristina Donadio) e la intervista, ma mentre gli giunge la notizia del suo licenziamento scoppia in paese un caso di rilevanza nazionale: rapiscono il nipote della Guidi ed il giornalista trombato ha la sua occasione della vita. Le indagini vanno avanti tra ingerenze della Guidi e rivelazioni sullo stato di solvibilità della sua azienda e per il rapimento viene sospettato il povero Francesco.

Il finale del film è rivelatorio ma non risolve nel profondo i rapporti di ambiguità che aleggiano sulla vicenda. E, mentre i fragili abbandonano, rimangono sospese anche le vite dei protagonisti: “io credo che le nostre storie vadano tutte in direzioni diverse: se siamo fortunati s’incontrano diventando una cosa sola, così almeno un po’ poco ci sentiamo meno soli”. L’eroe è solo un passepartout?

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